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giovedì 22 marzo 2012

In 1000 alla manifestazione di Torino


In Piemonte sono diecimila i lavoratori che avevano accetta-
to la mobilità come una sorta di «scivolo» verso la pensione
Sono sempre più arrabbiati, preoccupati, confusi. Ma molto determinati a non lasciare che cali il silenzio sulla loro assurda situazione. Ieri oltre mille lavoratori cosiddetti esodati o in mobilità che ora rischiano di non ricevere nè pensione nè indennità hanno protestato in centro.
Un corteo di persone non giovani che fino alla riforma delle pensioni Tremonti prima e Fornero poi avevano una certezza: la data del loro pensionamento dopo un massimo di tre anni di mobilità.
Oggi rischiano di rimanere senza un solo euro al mese anche per quattro, cinque, sei anni. Le riforme hanno spostato sempre più in alto l’asticella del pensionamento. Provano una rabbia profonda perché hanno visto sfumare le proprie certezze, ma soprattutto perché sono cambiate le regole del contratto in corso d’opera.
Come dice un lavoratore ex Telecom: «E’ come se durante una partita a poker uno dei giocatori si mettesse a giocare a briscola. Una follia in uno stato di diritto».
Torino è la prima città dove è nata una mobilitazione contro questo mostro giuridico e ieri il corteo era organizzato da Cgil, Cisl, Uil che appoggiano il Comitato dei lavoratori in mobilità nato spontaneamente anche grazie alla rete.
Davide Franceschin della Cgil è molto preoccupato: «Il ministro Fornero parla di un decreto da fare a giugno. Ma non ha spiegato come sarà sanata la situazione e ha anche aggiunto che tutto dipenderà dalle risorse. Inaccettabile: tutti questi lavoratori devono andare in pensione in base alle norme del momento in cui hanno firmato l’uscita dalle aziende».
A Torino dovrebbero essere almeno 10 mila i lavoratori in questa condizione, ma i numeri esatti non si conoscono.
Teresa Cianciotta della Uil polemizza: «Abbiamo chiesto all’Inps di fornirci i dati. Dicono di non averli. Ma è una situazione inconcepibile».
E Giorgio Bizzarri della Cisl aggiunge: «Da ora in poi per il sindacato sarà difficilissimo gestire le crisi aziendali perché non potremo più usare le uscite verso la pensione passando per la mobilità. Nessuno si fida più a firmare un accordo di quel tipo ora che tutte le regole sono saltate».
Nel corteo si intrecciano mille storie diverse, tutte drammatiche. Una ex dipendente Telecom racconta che avrebbe dovuto andare in pensione, dopo essere rimasta in mobilità dall’aprile 2009, a gennaio. Ma il suo limite si è spostato a ottobre e così fino a allora rimarrà senza reddito.
Dice: «Prenderò solo l’integrazione pagata dall’azienda. Sono fortunata perché ho risparmiato e mio marito lavora, ma un collega mi ha detto che non ce farà mai e si riempirà di debiti».
Poi ci sono i lavoratori ex Tecnomont. La loro azienda si è trasferita a Milano e li ha lasciati a casa in cassa integrazione. Avrebbero dovuto andare in mobilità a fine 2012. Ma ora i loro requisiti per arrivare alla pensione non bastano più.
Dicono: «Per molti di noi si apre un buco enorme: anche fino a cinque anni senza reddito. E inoltre anche chi ha compiuto 60 anni e doveva andare in pensione in questi mesi dovrà aspettare. Come faremo a vivere?».
(Guarda un filmato correlato)

2 commenti:

  1. Hanno fatto bene a protestare e sono anche contenta, che fossero un buon numero perche' questo vuol dire che non siamo i soli ad essere incavolati , ma attenti a farci vedere e sentire per i nostri diritti. Paola

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  2. Provare per credere...trovarsi da 60 a 66 anni senza lavoro nè sussidio di alcun genere....... Non resta che la mensa della Caritas...e questo dopo 38 o più anni di lavoro e contributi versati...... Grazie sobrio professor Mario Monti ( 11 milioni di Euro in titoli, 9 unità abitative, alloggi a Milano e all' estero, oltre 1 milione di Euro l' anno di introiti vari, vitalizio di senatore a vita etc etc etc...grazie ancora e ricordati di ringraziare anche la piagnucolona Elsa)

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