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lunedì 18 giugno 2012

L'on. Ichino scrive al Corriere della Sera

Lettera sul lavoro - favorire il rientro dei 50-60enni nel tessuto produttivo e prevedere un trattamento di disoccupazione
I (veri) conti sugli esodati e la soluzione possibile
Altri 24.500 potrebbero essere «salvaguardati»
Per gli altri la strada degli incentivi all'assunzione

Caro direttore,
per decenni ci siamo consentiti di andare in pensione a cinquant'anni accumulando debito pubblico, poi debito per ripagare il debito e gli interessi sul debito, finché i creditori hanno incominciato a dubitare della nostra capacità di restituire il tutto. Così, di colpo, come per effetto dello scoppio di una «bolla», la drammatica crisi del debito pubblico nel dicembre scorso ci ha costretti a rimettere i piedi per terra.
Fino ad allora avevamo fatto finta che con 60 anni di età e 37 o 38 anni di contribuzione un lavoratore si fosse «guadagnato il diritto» alla pensione. Se si considera che a 60 anni gli italiani hanno una attesa media di vita di 23 anni se uomini, 24 se donne, è evidente l'insostenibilità di quell'idea: non è possibile che 38 anni di contribuzione nella misura del 33 per cento costituiscano un finanziamento sufficiente per una pensione pari a tre quarti o quattro quinti dell'ultima retribuzione, destinata a durare per 23 o 24 anni. Il sistema poteva stare in piedi soltanto con un cospicuo contributo dello Stato: ed è infatti ciò che è accaduto per tutto il mezzo secolo passato, nel quale lo Stato ha contribuito ogni anno con l'equivalente di molte centinaia di miliardi di euro al pareggio di bilancio dell'Inps.
In realtà lo sapevamo benissimo: tanto che nel 1995 abbiamo fatto la riforma delle pensioni necessaria. Ma l'abbiamo applicata solo ai ventenni e trentenni, cioè ai nostri figli e non a noi stessi. Il governo Monti, appena costituito, ha dovuto fare in due settimane quello che avrebbero dovuto fare i governi precedenti nell'arco di due decenni, estendendo la riforma del 1995 a tutti. Naturale che in questo modo molti di noi cinquantenni e sessantenni siano rimasti scottati; ma la colpa non è del governo che ha gestito lo scoppio della bolla: è di chi per tanto tempo ha lasciato che si gonfiasse.
Ora, certo, occorre curare le scottature prodotte da quello scoppio. Ma non possiamo farlo tornando indietro rispetto alla riforma. Già con il decreto «salva Italia» del dicembre scorso sono stati «salvaguardati», cioè esentati dall'applicazione delle nuove regole, circa 65.000 sessantenni senza lavoro e molto prossimi al pensionamento secondo le regole vecchie. Oggi a chiedere di essere «salvaguardati» sono moltissimi altri, un po' meno vicini al traguardo. Se si esaminano le categorie interessate, ci si rende subito conto che - oltre a circa 24.500 lavoratori per i quali un accordo stipulato prima della fine del 2011 ha previsto la cessazione del lavoro dal 2012 in poi, con o senza assistenza di un fondo di solidarietà (categoria alla quale pare davvero logico estendere la «salvaguardia» già disposta per casi analoghi con cessazione del lavoro entro il 2011) - tra gli altri aspiranti potrebbero annoverarsi tutti i cinquantenni e sessantenni attualmente disoccupati: l'Inps in particolare segnala 173.100 lavoratori con più di 53 anni, che per i motivi più svariati hanno cessato di lavorare tra il 2009 e il 2011, e 122.750 nati dopo il 1946 e senza lavoro da anni, autorizzati dallo stesso istituto ai versamenti contributivi volontari (per ulteriori dati rinvio al mio sito). Esentare dall'applicazione delle nuove norme tutti questi casi equivarrebbe evidentemente a svuotare la riforma del dicembre scorso, ripristinando la situazione finanziariamente insostenibile precedente e l'ingiustizia tra generazioni, con un incremento di decine di miliardi del debito di 2 mila miliardi che già lasciamo da pagare ai nostri figli e nipoti.
I cinquantenni e sessantenni senza lavoro non devono essere incoraggiati a uscire definitivamente dal tessuto produttivo, ma aiutati a rientrarvi, con tutti gli incentivi e le agevolazioni possibili per favorire il loro ritorno a un'occupazione retribuita adatta a loro, ancora per qualche anno. La soluzione deve consistere in una norma speciale che estenda, nella misura delle disponibilità finanziarie, il trattamento di disoccupazione, e al tempo stesso istituisca alcuni forti incentivi all'ingaggio di queste persone: per esempio con esenzioni contributive, sgravi fiscali, una disciplina speciale che consenta un periodo di prova fino a un anno nel rapporto di lavoro dipendente, e che agevoli la costituzione di rapporti genuini di collaborazione autonoma continuativa con le amministrazioni locali, dove ne ricorrano gli elementi essenziali. In altre parole, occorre mantenere fermo il principio per cui a 50 e a 60 anni si può ancora lavorare, e si deve essere disponibili a farlo se si vuole beneficiare di un sostegno del reddito; ma anche fare tutto il possibile per abbattere il diaframma che impedisce a questa offerta di lavoro maturo di incontrarsi con la domanda potenziale, soprattutto nel settore dei servizi alle famiglie e alle comunità.
La nuova cultura del lavoro di cui il Paese ha urgente bisogno deve liberarsi dall'idea che per un sessantenne trovare un lavoro, anche magari a part-time , sia impossibile. Per liberarsi di quell'idea non basta, certo, un tratto di penna sulla Gazzetta Ufficiale : occorre anche far funzionare meglio il nostro mercato del lavoro, abbattendo il diaframma che impedisce l'incontro fra una grande domanda di servizi alle famiglie e alle comunità locali e questa grande offerta potenziale di manodopera, che può essere facilmente posta in grado di svolgerli.
www.pietroichino.it
Pietro Ichino18 giugno 2012 | 9:41

8 commenti:

  1. lui ha scritto al corriere della sera, noi scriviamo a lui: wwwpietroichino.it

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  2. io l'ho fatto , ma per dirgli che farebbe meglio a pensare diversamente, intanto perchè le Aziende non riassumono quelli che hanno praticamente buttato fuori(per una nuova cultura del paese come dice lui ci vorrebbero alcuni decenni !!!:::)E poi se i Governi precedenti hano mal gestito le cose e soprattutto il paese, questi tecnici dovevano risolverle le cose non fatte, ma non sulle spalle dei più deboli (TROPPO FACILE), ma SULLE LORO che se ne continuano ad andare a spasso con la scusa dei G20 G8 e quant'altro, con relative consorti a spese NOSTRE !!!

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    1. ma l'indirizzo www.pietroichino.it e' esatto??

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  3. la smetta ichino di fare proposte che penalizzano i lavoratori.
    ... E per fortuna è del PD. vergogna.

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  4. SOLO ICHINO PUO' PENSARE CHE LE AZIENDE RIASSUMANO COLORO CHE HANNO ESODATO? MA DOVE VIVE QUESTO MARZIANO? NON TROVANO LAVORO I GIOVANIE PENSA PROPRIO CHE LE AZIENDE ASSUMANO NOI? IO HO 59 ANNI, HO LAVORATO 40 ANNI E VERSATO 38 ANNI DI CONTRIBUTI, MI ASSUME? NATURALMENTE CON GLI STIPENDI PREVISTI PER LA LORO LOBBY. MA IL PD COME PUO' PERMETTERE CHE SI ASSERISCANO CERTE MALVAGITA' NEI CONFRONTI DI ONESTI LAVORATORI CHE GLI PAGANO LO STIPENDIO. CERTO CHE BERSANI, FRA LE FIGURE CHE FA E LE PERSONE CHE HA INTORNO, HA PROPRIO DECISO DI FARE MORIRE DEFINITIVAMENTE IL PARTITO. SPERO CHE CI SIA LA RESA DEI CONTI PER TUTTI E CHE CI SIANO MOLTI ALTRI ESODATI DI ALTRI NATURA. ESODATA POSTE 53

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  5. Ma come puo' il PD permettere che Ichino dica cose almeno per il momento irrealizzabili?.Da quale pianeta proviene quest'altro professore? Ci sentiamo costantemente presi in giro ma ora e' giunto il momento di dire BASTA!!1esodata53

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  6. Ho letto l'articolo dell'on. ichino sul corriere della sera del 18/06/12 e mi permetto di rispondergli in qualita di esodata poste esclusa dai 65.000 salvaguardati.

    Per favore, onorevole, non parli al plurale, quelli rimasti scottati dalla riforma pensionistica siamo noi lavoratori( i soliti noti) , e non certo voi politici che viaggiate
    in tutto e per tutto su corsie preferenziali ( tutti sanno come e quanto).
    Noi chiediamo di essere salvaguardati anche se siamo meno vicini al traguardo, rispetto ai 65.000, perche' abbiamo firmato un accordo , in tempi non sospetti,
    e lo Stato deve rispettare questo patto.
    Lei ed il suo partito dove eravate quando lo Stato permetteva la stipula di questi accordi incentivati per uscire in anticipo dal lavoro?
    Deve sapere , onorevole, che sono un'esodata uscita da poste con il progetto mix,cioe' senza incentivo economico in cambio dell'assunzione par-time della figlia a
    700.00 ero circa al mese.Pertanto, sono io che ho dato lavoro a mia figlia, sono io che le pago lo stipendio per diversi anni.
    Allora, come puo' un over 50 riicollocarsi sul mercato del lavoro, considerato che abbiamo un'altissima disoccupazione giovanile??
    Noi, vogliamo che siano rispettati gli accordi che abbiamo sottoscritto prima del 31/12/11, vogliamo un nostro diritto.
    Voi partiti che sedete in Parlamento a rappresentarci, avete il dovere di far rispettare gli accordi che lo Stato ha preso con noi, altrimenti avrete la resa dei conti,
    considerato che noi esodati rimasti senza reddito, siamo piu' di 300.000 ed ogniuno di noi avendo famiglia conta circa 4 o 5 persone , moltiplicando 300.000
    per 4 o 5 abbiamo un numero che si aggira circa a 1.500.000 non di persone ma di voti.

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