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giovedì 23 maggio 2013

Ipotesi su uscite flessibili per risolvere il nodo esodati

Pensioni, ipotesi uscite flessibili per risolvere il nodo esodati
Con le penalizzazioni il governo punta a svuotare la platea dei senza tutele. Ma c’è il nodo del livello dei disincentivi: il 2% l’anno potrebbe non bastare. Oggi vertice a Bruxelles sull'emergenza disoccupati
di Luca Cifoni
Mercoledì 22 Maggio
ROMA - Un modello di pensionamento flessibile ancora da definire nei suoi contorni esatti, ma che in prospettiva potrebbe anche disinnescare la mina degli esodati, i lavoratori da salvaguardare rispetto alle conseguenze della riforma Fornero . Al ministero del lavoro i dossier aperti sono tanti, da quello relativo agli sgravi per l’assunzione di giovani agli aggiustamenti alle norme sul mercato del lavoro. Sul fronte della previdenza si lavora soprattutto a due progetti: da una parte la cosiddetta staffetta tra giovani e anziani, dall’altra il possibile abbassamento, con penalizzazione, dell’età minima di uscita. Progetti entrambi non semplici e potenzialmente costosi per il bilancio dello Stato; ma in grado di ammorbidire le conseguenze delle regole pensionistiche introdotte a fine 2011 sull’onda dell’emergenza finanziaria.
RITORNO A QUOTA 97
Quella legge di fatto ha bruscamente spostato in avanti la data dell’uscita del lavoro, anche di diversi anni, creando come effetto collaterale (forse inizialmente ritenuto secondario) un bacino di lavoratori che si ritrovano o si ritroveranno senza stipendio ma anche senza pensione: perché l’azienda li ha messi fuori, o loro stessi si sono dimessi, in previsione di un’andata a riposo che poi si è rivelata un traguardo lontano o lontanissimo. Finora per tutelare queste persone si è scelta la strada dell’eccezione rispetto ai vincoli stringenti della riforma: in più riprese 130 mila persone sono state ammesse a usufruire delle vecchie regole.
Ora si lavora per estendere la platea, probabilmente non in modo particolarmente incisivo visto anche l’esiguità delle risorse a disposizione; ma il problema verrà affrontato anche da un altro lato proprio attraverso il pensionamento flessibile. 62 anni erano l’età richiesta per l’uscita, insieme a 35 di contributi, con le norme precedenti alla riforma Fornero: la famosa “quota 97” che sarebbe dovuta scattare nel 2013. Potendo lasciare il lavoro con questi requisiti, seppur con una penalizzazione economica, la gran parte dei lavoratori coinvolti ritroverebbe il percorso tracciato negli anni scorsi e tutto il problema si ridimensionerebbe. La possibilità di uscire da una condizione pesante come quella della potenziale assenza di reddito potrebbe rendere digeribile il disincentivo economico.
Ma quanto dovrebbe essere forte questo disincentivo? È un punto che dovrà essere valutato con attenzione. Garantire un effetto finanziario equivalente a quello dell’attuale assetto legislativo richiederebbe penalizzazioni altissime: una misura un po’ più accettabile comporta inevitabilmente un onere per il bilancio pubblico. Il progetto dell’ex ministro Damiano e dell’attuale sottosegretario all’Economia Baretta prevede una decurtazione del 2 per cento per ogni anno di distanza dalla soglia dei 66, attuale limite per l’uscita di vecchiaia, che poi si ribalterebbe in un analogo incentivo all’uscita ritardata. È probabile che alla fine il prezzo richiesto debba essere un po’ più alto; i nuovo regime potrebbe scattare dal prossimo anno.
I COSTI DEL PART TIME
I tempi saranno forse un po’ più ravvicinati per il progetto staffetta, ossia la possibilità per i lavoratori più anziani di svolgere a tempo parziale gli ultimi anni di lavoro, in cambio dell’assunzione di giovani. L’idea non è nuova e un’opzione del genere già esiste nel pubblico impiego (il ministero della Funzione pubblica punta a rilanciarla anche in chiave di gestione degli esuberi); nel settore privato sperimentazioni di questo tipo sono sulla rampa di lancio ad esempio in Lombardia. C’è però un problema di costi: anche escludendo specifici incentivi retributivi, il solo costo della contribuzione figurativa a carico dello Stato si aggira sugli 8 mila euro l’anno per ciascun interessato, nell’ipotesi di un reddito medio basso. Se i lavoratori coinvolti fossero centomila la spesa sarebbe di 800 milioni il primo anno, destinata poi a crescere nei successivi.
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2 commenti:

  1. NESSUN COMMENTO.... SONO ALTAMENTE SCHIFATA. !!!!!!!!!!!!!

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  2. Spero tanto che la fornero, monti e tutti gli altri spendano i soldi in medicine per loro e i figli!

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