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mercoledì 17 luglio 2013

La guida di BV per accedere alla salvaguardia

Esodati, la guida di BV per accedere alla salvaguardia
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Nell'ambito di alcune delle medesime categorie di lavoratori salvaguardati di cui al primo decreto (individuate dal comma 14 del Dl n. 201/2011) il legislatore ha sentito l'esigenza di estendere la salvaguardia con due provvedimenti successivi. Parliamo del decreto legge sulla spending review (art. 22, Dl 6.7.2012, n. 95, convertito in legge 7.8.2012, n. 135) che ha allargato la platea dei soggetti destinatati della salvaguardia ad ulteriori 55mila assicurati; e dell'ulteriore allargamento del numero di salvaguar­dati ad una platea di circa 10mila unità aggiun­tive disposto dalla legge di stabilità 2013 (art. 1, commi 231/237, legge 24 dicembre 2012, n. 228, «Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato»).
Vediamo da fare un pò di luce su questi due provvedimenti dopo il grande interesse che ha suscitato la questione su Business Vox.
I 55mila salvaguardati di cui al Dl n. 95/2011
Le categorie ammesse al beneficio
Il Dl n. 95/2012 (de­creto sulla spending review) ha stabilito che i requisiti di accesso al pensionamento ed il regime delle decorrenze vigenti al 31.12.2 011 continuino ad applicarsi, oltre ai 65mila assicurati previsti dal decreto interministeriale del 1° giugno 2012, an­che ad ulteriori 55mila soggetti che maturino i suddetti requisiti dopo il 2011.
Una prima importante annotazione va operata sul fatto che, nel confermare le disposizioni di salva­guardia introdotte dai precedenti atti normativi, e soprattutto «le disposizioni, i presupposti e le condizio­ni di cui al decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, di concerto con il Ministro dell'econo­mia e delle finanze del 1 giugno 2012», il Dl n. 95/2012 ha sostanzialmente elevato al rango di fonte primaria tutte le ulteriori condizioni e limita­zioni introdotte, rispetto alla norma originaria, dal citato decreto 1° giugno 2012 in ordine alla possibi­lità di accesso alla salvaguardia. Con ciò ponendo rimedio ai numerosi rilievi di legittimità costituziona­le che su di esso già da più parti erano stati sollevati. Infatti, al fine di rispettare i limiti di spesa predetermi­nati dalla norma (3 miliardi e 80 milioni complessivi previsti dal comma 15 dell'art. 24, Dl n. 201/2011), il decreto 1° giugno 2012 ha dovuto limitare ad un numero di 65.000 unità la platea di lavoratori desti­natari della salvaguardia dalle nuove regole di pen­sionamento.
E per raggiungere tale risultato il citato decreto ha di fatto dovuto ridurre l'ambito di applicazione della salvaguardia stabilito dalla legge (condizioni di acces­so di cui al comma 14 del più volte citato art. 24. Dl n. 201/2011), imponendo alle diverse categorie di lavoratori requisiti ben più restrittivi rispetto a quelli definiti dalla legge (si abbia riferimento, su tutti, alla categoria dei lavoratori autorizzati ai versamenti vo­lontari ante 4 dicembre 2011: la norma originaria prevedeva quale unica condizione di accesso al be­neficio la situazione di autorizzazione alla contribu­zione volontaria ottenuta anteriormente al 4 dicem­bre 2011, il decreto 1° giugno ha poi prescritto in aggiunta che i lavoratori interessati non dovessero aver ripreso attività lavorativa successivamente al­l'autorizzazione, che avessero almeno un contributo volontario accreditato o accreditabile alla data del 6 dicembre 2011, e che maturassero la decorrenza pensionistica entro la data del 6 dicembre 2013).
Ebbene, per effetto del recepimento integrale, ad opera del Dl n. 95/2012, delle disposizioni conte­nute nel decreto 1° giugno 2012, sono di fatto venuti meno molti dei possibili profili di illegittimi­tà del decreto stesso, per contrasto con la fonte primaria, che avrebbero potuto dare avvio ed ali­mentare un rilevante contenzioso.
Passiamo ora ad analizzare le specifiche categorie di lavoratori individuate dall'articolo 22 del Dl n. 95/2012 quali destinatarie, in aggiunta ai 65mila di cui al decreto 1° giugno 2012, di salvaguardia rispetto ai nuovi requisiti pensionistici introdotti dal 2012.
1) Lavoratori collocati in mobilità ordinaria
Il decreto interministeriale del 1° giugno 2012 aveva previsto la salvaguardia per un numero di 25.590 lavoratori nel rispetto delle seguenti condizioni:
- mobilità riconosciuta sulla base di accordi sinda­cali stipulati prima del 4 dicembre 2011;
- maturazione dei requisiti per il diritto alla pensio­ne di vecchiaia o anzianità, secondo le disposizio­ni vigenti prima del Dl n. 201/2011, entro il periodo di fruizione dell'indennità di mobilità;
- cessazione del rapporto di lavoro alla data del 4 dicembre 2011.
In aggiunta a tale numero di lavoratori, il Dl n. 95/2012 ha esteso la salvaguardia ad ulteriori unità che rispettino le seguenti condizioni:
- mobilità attivata, indifferentemente prima o do­po il 4 dicembre 2011, in seguito ad accordi stipu­lati dalle imprese in sede governativa entro il 31 dicembre 2011 (accordi in cui, ai fini della gestio­ne delle eccedenze occupazionali, sia stato previ­sto il ricorso agli ammortizzatori sociali). Risultano quindi espressamente esclusi i dipendenti delle aziende che hanno stipulato accordi solo a livello territoriale, per i quali possono valere dunque le sole condizioni dettate dal decreto interministeria­le del 1° giugno;
- maturazione dei requisiti per il diritto al pensio­ne di vecchiaia o anzianità, secondo le disposizio­ni vigenti prima del Dl n. 201/2011, entro il periodo di fruizione dell'indennità di mobilità.
Rispetto alle condizioni dettate dal decreto 1° giu­gno 2012 non assume quindi in questa sede rile­vanza la data del licenziamento o di inizio della mobilità (prima o dopo il 4 dicembre 2011). An­che i lavoratori in mobilità ordinaria interessati dal Dl n. 95/2012 devono tuttavia perfezionare i requisiti per il pensionamento entro i limiti di durata dell'indennità di mobilità, pari a 36 mesi per i dipendenti delle aziende del Centronord e 48 mesi per i dipendenti delle aziende operanti nelle aree del Mezzogiorno così come sono state individuate dall'art. 1 del Dpr n. 218/1978.
Si ritiene che la condizione di perfezionamento dei requisiti entro il periodo di fruizione dell'in­dennità di mobilità, si debba intendere compiuta quando risultino maturati i requisiti contributivi e di età previsti dalla previgente disciplina. Non è dunque richiesto che l'indennità di mobilità duri fino alla cosiddetta apertura della finestra regolata dal vecchio regime delle decorrenze. A differenza di altre categorie illustrate di seguito, per i lavora­tori in mobilità il legislatore infatti non precisa che i requisiti dovranno essere tali da comportare la decorrenza del pensionamento entro la durata del trattamento di mobilità, ma solo che i requisiti necessari per il diritto alla pensione siano maturati entro il periodo di fruizione dell'indennità.
2) Lavoratori collocati in mobilità lunga
Anche per i lavoratori collocati in mobilità lunga vale la distinzione, prodotta dall'intervento del Dl 95/2012, fra chi è compreso nella previsione del decreto del 1° giugno 2012 e chi invece rientra nelle ipotesi contemplate dal Dl n. 95/2012 stesso. Il decreto interministeriale del 1° giugno 2012 ave­va previsto la salvaguardia per un numero di 3.460 lavoratori nel rispetto delle seguenti condizioni:
- collocamento in mobilità lunga sulla base di ac­cordi collettivi stipulati entro il 4 dicembre 2011;
- cessazione dell'attività lavorativa alla data del 4 dicembre 2011.
Il Dl n. 95/2012 estende quindi l'ammissione alla salvaguardia ad ulteriori unità che rispettino le seguenti condizioni (le medesime già illustrate per i lavoratori in mobilità ordinaria):
- mobilità lunga attivata, indifferentemente prima o dopo il 4 dicembre 2011, in seguito ad accordi stipu­lati dalle imprese in sede governativa entro il 31 dicembre 2011 (accordi in cui, ai fini della gestione delle eccedenze occupazionali, sia stato previsto il ricorso agli ammortizzatori sociali).
Anche in questo caso risultano quindi espressamente esclusi i dipen­denti delle aziende che hanno stipulato accordi solo a livello territoriale. Ed anche in questo caso non assume rilevanza la data del licenziamento o di ini­zio della mobilità (prima o dopo il 4 dicembre 2011). Del tutto superflua poi la precisazione che i lavo­ratori interessati debbano perfezionare i requisiti per la pensione entro i termini di durata dell'in­dennità di mobilità. L'indennità dovuta ai lavora­tori in mobilità lunga accompagna infatti, per sua stessa natura, l'assicurato fino alla pensione.
3) Titolari di prestazione straordinaria a carico dei fondi di solidarietà di settore
Per i titolari di assegno straordinario di sostegno al reddito a carico dei fondi di solidarietà di settore istituiti presso l'Inps ai sensi dell'art. 2, comma 28 della legge n. 662/1996, sia la legge che il decreto del 1° giugno 2012 avevano operato una distinzio­ne tra coloro che erano già titolari della prestazione alla data del 4 dicembre 2011 (incondizionatamen­te ammessi alla salvaguardia secondo i requisiti e le decorrenze regolate dalle norme vigenti fino al 2011), e coloro che, pur destinatari di accordi col­lettivi per l'accesso ai fondi di solidarietà stipulati entro il 4 dicembre 2011, avessero avuto accesso all'esodo in data successiva (per i quali era prevista un'autorizzazione all'accesso da parte dell'Inps, nonché la permanenza a carico del proprio fondo di solidarietà almeno fino a 62 anni di età, anche quando il diritto alla pensione in base alle previgenti regole veniva maturato prima).
Per questa seconda categoria di lavoratori (desti­natari di accordi collettivi per l'accesso ai fondi stipulati entro il 4 dicembre 2011, ma divenuti titolari dell'assegno straordinario in data successi­va) il Dl n. 95/2012 si limita solo ad ampliare la platea dei beneficiari della salvaguardia di ulterio­ri 1.600 unità, mantenendo inalterate le condizio­ni previste dal Decreto interministeriale 1° giugno 2012 e vale a dire l'obbligo di permanenza a carico del fondo almeno fino al compimento del 62° anno d'età.
Tenuto conto di questa correzione il numero dei titolari di assegno straordinario dei fondi di solida­rietà ammessi alla salvaguardia passa quindi dalle 17.710, previste dal decreto interministeriale del 1° giugno 2012, a 19.310 unità.
Per quanto riguarda infine questo specifico con­tingente di ulteriori 1.600 unità, l'Inps, con mes­saggio n. 20944 del 19 dicembre 2012, ha detta­to prime disposizioni volte a disciplinare la pre­sentazione e definizione delle relative domande di accesso all'assegno straordinario.
In questo si legge quanto segue:
«... con riferimento all'ulteriore contingente previsto dalla legge n. 135/2012, di cui si attende il decreto attuativo ... le nuove domande presentate con decor­renza assegno straordinario dal 1° febbraio 2013 avranno carattere di prenotazione e saranno acqui­site dalle sedi solo dopo l'autorizzazione alla liqui­dazione da parte della Direzione centrale pensioni.
In particolare, le domande di assegno straordinario per lavoratori che perfezionano i requisiti per il pensiona­mento, ai sensi della deroga di cui alle citate norme, devono essere presentate dalle aziende esodanti alle sedi Inps competenti per la liquidazione della presta­zione, necessariamente entro il mese antecedente la data presunta di risoluzione del rapporto di lavoro.
Le sedi segnalano tempestivamente alla Direzione regionale il numero delle domande interessate alla deroga in argomento . . . la Direzione regionale prov­vede all'invio dei dati alla Direzione centrale pensio­ni, unitamente alla richiesta di autorizzazione alla liquidazione . . .
E a cura della Direzione centrale pensioni:
1)    redigere la graduatoria dei beneficiari su base nazionale ed in ordine cronologico di presentazione della domanda;
2)    verificare la disponibilità dei posti nel plafond assegnato alla categoria;
3)    autorizzare le sedi interessate alla liquidazione delle prestazioni entro i limiti delle disponibilità stesse. . . . Nel caso in cui la domanda venga accolta, le parti si impegnano a cessare il rapporto di lavoro entro il mese successivo a quello di presentazione della domanda. Qualora il lavoratore inserito nel plafond non cessi l'attività di lavoro entro il mese successivo alla pre­sentazione della domanda all'Inps, la domanda di assegno straordinario viene respinta con conseguen­te liberazione del posto prenotata
Si precisa altresì che l'azienda, per il lavoratore in questione, può presentare una nuova domanda con riferimento ad una nuova decorrenza dell'assegno straordinario . . .».
Con i successivi messaggi 3771 e 5673/2013, l'Inps ha precisato che la disponibilità delle risorse assegnate alla categoria è sufficiente ad assicurare la salvaguardia ai lavoratori che accederanno ai fondi di solidarietà di settore entro il 1° Luglio 2013 (l'Istituto continuerà tuttavia ad effettuare l'attività di monitoraggio con cadenza mensile, anche oltre la decorrenza assegno straordinario 1° luglio 2013, al fine di tenere conto delle eventuali disponibilità che si dovessero verificare nel plafond assegnato).
4) Autorizzati ai versamenti volontari da data anteriore al 4 dicembre 2011
Relativamente a questa categoria di soggetti, il combinato disposto di cui all'art. 24, comma 14, del Dl n. 201/2011, ed al decreto interministeria­le del 1° giugno 2012, aveva previsto la salva­guardia per un numero di 10.250 unità nel rispet­to delle seguenti condizioni:
- autorizzazione alla prosecuzione volontaria della contribuzione intervenuta antecedentemente alla data del 4 dicembre 2011;
-  possesso di almeno un contributo volontario accre­ditato o accreditabile alla data del 6 dicembre 2011:
-  perfezionamento dei requisiti utili a comportare la decorrenza della pensione, secondo le disposizioni vigenti prima del Dl n. 201/2011, entro la data ultima del 6 dicembre 2013 (ventiquattro mesi dal­la data di entrata in vigore del Dl n. 201 stesso);
-  assenza di attività lavorativa successiva all'auto­rizzazione alla prosecuzione volontaria.
Nel confermare tutte le predette condizioni, il Dl n. 95/2012 si è limitato ad estendere la salva­guardia agli assicurati che maturino la decorrenza pensionistica, sempre in base alle regole vigenti prima della riforma, «nel periodo compreso fra ventiquattresimo e il trentaseiesimo mese successivo alla data di entrata in vigore del Dl n. 201/2011 (vale a dire entro il 6 Gennaio 2015).
In pratica si è passati dai 24 mesi del decreto interministeriale 1° giugno 2012 ai 36 mesi del decreto legge n. 95/2012. In ogni caso tutto questo significa comunque perfezionare i requisiti per il diritto alla pensione di vecchiaia o di anzianità almeno 12 mesi prima (entro il mese di Dicembre 2013, quindi) per coloro che otten­gono una pensione in una gestione di lavoratori dipendenti, e almeno 18 mesi prima (entro il mese di giugno 2013) per coloro che accedono invece a pensione in una delle gestioni speciali dei lavo­ratori autonomi.
Come più sopra anticipato, rimangono infine vali­de anche per gli ulteriori salvaguardati di cui al Dl n. 95/2012 tutte le ulteriori condizioni necessarie per fruire della deroga stabilite dai precedenti atti normativi:
-  autorizzazione alla prosecuzione volontaria del­la contribuzione intervenuta antecedentemente alla data del 4 dicembre 2011;
- possesso di almeno un contributo volontario accre­ditato o accreditabile prima del 6 dicembre 2011;
- non aver ripreso l'attività lavorativa dopo l'auto­rizzazione ai versamenti volontari.
5) Lavoratori che abbiano risolto il rapporto di lavoro entro il 31.12.2011 in ragione di accordi individuali o in applicazione di accordi collettivi di incentivo all'esodo
Relativamente a questa categoria di salvaguardati, le condizioni imposte dall'art. 6, comma 2-ter, del Dl n. 216/2011 convertito dalla legge n. 14/ 2012, e dal decreto interministeriale 1° giugno 2012, per consentire l'accesso al pensionamento (nei limiti di 6.890 unità) secondo le previgenti disposizioni sono:
-  cessazione del rapporto di lavoro entro il 31 dicembre 2011 (la data di cessazione del rapporto di lavoro deve risultare da elementi certi e oggetti­vi quali le comunicazioni obbligatorie alle Dire­zioni territoriali del lavoro, ovvero agli altri sog­getti equipollenti individuati sulla base di disposi­zioni normative o regolamentari);
-  mancata successiva rioccupazione in «qualsiasi altra attività lavorativa»;
-  perfezionamento dei requisiti utili a comportare la decorrenza della pensione, secondo le disposizioni vigenti prima del decreto legge n. 201/2011, entro la data ultima del 6 dicembre 2013 (ventiquattro mesi dalla data di entrata in vigore del Dl n. 201 stesso).
Anche in questo caso, nel confermare tutte le pre­dette condizioni, il Dl n. 95/2012 si è limitato ad estendere la salvaguardia agli assicurati che maturi­no la decorrenza pensionistica, sempre in base alle regole vigenti prima della riforma, «nel periodo compreso fra il ventiquattresimo e il trentaseiesimo mese successivo alla data di entrata in vigore del Dl n. 201/2011» (vale a dire entro la data ultima del 6 gennaio 2015). In altri termini, come per la catego­ria degli autorizzati ai versamenti volontari, il Dl n. 95/2012 prolunga di un anno il limite della decor­renza della pensione da potersi maturare secondo i requisiti previgenti. Con necessità quindi di perfezio­namento dei requisiti per il diritto alla pensione di vecchiaia o di anzianità almeno 12 mesi prima (en­tro il mese di dicembre 2013, quindi) per coloro che ottengono una pensione in una gestione di lavo­ratori dipendenti, e almeno 18 mesi prima (entro il mese di giugno 2013) per coloro che accedono invece a pensione in una delle gestioni speciali dei lavoratori autonomi.
Rimangono valide infine anche per gli ulteriori lavoratori salvaguardati di cui al decreto legge n. 95/2012 tutte le ulteriori condizioni necessarie per fruire delle deroghe stabilite dai precedenti atti normativi:
- cessazione del rapporto di lavoro entro il 31 dicembre 2011;
- mancata successiva rioccupazione in «qualsiasi altra attività lavorativa».
Diversamente dal decreto 1° giugno 2012 che, aveva introdot­to elementi di innovazione rispetto al dettato nor­mativo di provenienza (art. 24, comma 14, Dl n. 201/2011), variamente inasprendo i requisiti di accesso alle diverse fattispecie di salvaguardia, il «decreto 8 ottobre 2012» attuativo della salvaguardia in oggetto non ha apportato alcuna sostanziale modifica alle condizioni dettate dalla disposizione «delegante» di cui all'art. 22 del Dl n. 95/2012.
La domanda alla Direzione territoriale del lavoro per gli esodati
Come avvenuto in occasione del decreto intermi­nisteriale 1° giugno 2012, anche il «decreto 8 ottobre 2012 conferma la necessità di preventiva domanda alla Direzione territoriale del lavoro nei confronti della categoria dei lavoratori che hanno risolto il rapporto di lavoro entro il 31 dicembre 2011 in base ad accordi individuali o collettivi di incentivo all'esodo (il decreto parla di domanda «di accesso ai benefici», ma si tratta anche in que­sto caso di una domanda preliminare che ha come obiettivo quello di mettere l'Inps in condizione di verificare in seguito le altre condizioni per il dirit­to a pensione in deroga ai nuovi requisiti).
Questa è l'unica categoria di «nuovi salvaguarda­ti» che ha l'obbligo di presentazione di vera e propria domanda, da prodursi entro termini speci­fici stabiliti dal decreto stesso: 120 giorni dalla data di pubblicazione del decreto interministeria­le nella Gazzetta Ufficiale.  Il termine di scadenza per l'inoltro della domanda è quindi da indivi­duarsi nella data del 21 maggio 2013.
Per il resto, il decreto 8 ottobre conferma nella sostanza le modalità operative già sperimentate in occasione della precedente «campagna»:
- la domanda deve essere presentata alla Direzio­ne territoriale del lavoro competente in base alla residenza del lavoratore cessato, con la sola ecce­zione di chi abbia risolto il rapporto di lavoro « in ragione di accordi ai sensi degli articoli 410, 411 e 412-ter c.c.p. » (accordi individuali stipulati a segui­to di una procedura di conciliazione o di arbitra­to): in questo caso la domanda va presentata alla Direzione territoriale del lavoro innanzi alla quale detti accordi sono stati sottoscritti;
- la domanda deve essere corredata dall'accordo che ha dato luogo alla cessazione del rapporto di lavoro;
- presso la Direzione territoriale del lavoro viene costituita una Commissione, composta da due fun­zionari della Dtl e da uno dell'Inps, incaricata di esaminare le istanze di accesso ai benefici inoltra­te dai soggetti interessati (si tratterà quindi di veri­ficare se la cessazione del rapporto di lavoro risulti da elementi certi e oggettivi, e se gli accordi, individuali o collettivi, rispondano ai requisiti per cui è prevista la salvaguardia);
- le decisioni di accoglimento verranno comuni­cate con tempestività all'Inps, anche con modalità telematica, mentre avverso i provvedimenti di re­iezione l'interessato potrà presentare, entro 30 giorni dal ricevimento della risposta, una richiesta di riesame alla Direzione territoriale del lavoro presso cui è stata presentata l'istanza.
La trasmissione degli elenchi da parte delle imprese per i lavoratori in mobilità Diversa e innovativa procedura viene invece dettata per la categoria dei lavoratori in mobilità ordinaria e lunga («lavoratori destinatari di programmi di ge­stione delle eccedenze occupazionali con utilizzo degli ammortizzatori sociali, sulla base di accordi stipulati in sede governativa entro il 31 dicembre 2011, ancor­ché alla data del 4 dicembre 2011 gli interessati ancora non risultino cessati dall'attività lavorativa e collocati in mobilità ... con raggiungimento dei requi­siti per il pensionamento entro il periodo di fruizione della indennità di mobilità»).
Per questa categoria viene infatti stabilito che:
- entro 30 giorni dalla data di pubblicazione del «decreto 8 ottobre 2012» sulla Gazzetta Ufficiale (quindi entro il 20 febbraio 2013), le imprese cui appartengono i lavoratori in questione (quelle che quindi hanno stipulato gli accordi governativi entro il 31 dicembre 2011) devono comunicare al Mini­stero del lavoro - Direzione generale delle relazioni industriali e dei rapporti di lavoro - «l'elenco nomina­tivo dei lavoratori licenziati o da licenziare entro il 31 dicembre 2012, indicando per ogni lavoratore inte­ressato la data del licenziamento»;
- entro il 31 marzo di ciascun anno successivo al 2012, le medesime imprese sono tenute ad effet­tuare analoga comunicazione alla predetta Direzio­ne generale del Ministro del lavoro, concernente l'elenco nominativo dei lavoratori che saranno licen­ziati, in ciascun anno di riferimento, in base al pro­gramma di gestione delle eccedenze, indicando per ogni lavoratore interessato la data del licenziamento;
- entro 15 giorni dal ricevimento degli elenchi, il Ministero del lavoro trasmette questi ultimi;
- sulla base delle risultanze di detti elenchi (e della data di licenziamento dei lavoratori) l'Inps ammet­te i soggetti interessati al beneficio della salva­guardia pensionistica.
Questa quindi la procedura dettata per i lavoratori in mobilità. Procedura anche questa volta intera­mente gestita, per quanto riguarda gli aspetti pen­sionistici («ammissione al beneficio», secondo le parole usate dal decreto), dall'Inps. Il cui compito di monitoraggio viene quindi agevolato dalla pre­ventiva acquisizione, anno per anno, per il tramite del Ministero del lavoro, degli elenchi nominativi riguardanti i lavoratori potenzialmente interessati dalla salvaguardia.
Le procedure di ammissione alla salvaguardia per i titolari di prestazione straordinaria a carico dei fondi di solidarietà di settore e per gli autorizzati ai versamenti volontari
Come accennato in precedenza, il «decreto 8 ottobre 2012» detta specifiche istruzioni per il riconosci­mento del diritto alla salvaguardia nei soli confronti dei lavoratori cessati in base ad accordi individuali o collettivi di incentivo all'esodo e dei lavoratori in mobilità. Per le ulteriori due categorie (i titolari di prestazione straordinaria a carico dei fondi di solida­rietà di settore e gli autorizzati ai versamenti volon­tari) si dovrà quindi verosimilmente far riferimento alle procedure già adottate in occasione della prece­dente tranche di esodati, i 65mila di cui al decreto interministeriale del 1° giugno 2012.
Dovrà quindi evidentemente essere l'Inps, anche per i lavoratori iscritti all'ex Inpdap, ad indicare le modalità con cui intenderà realizzare il monitoraggio che la legge richiede.
È quindi verosimile che, anche per questa volta, l'Istituto non richiede­rà alcuna domanda preventiva e che assumerà le sue decisioni sulla base dei dati già in suo posses­so. Prelevando ed esaminando le posizioni contri­butive di coloro che appartengono alle due cate­gorie più sopra specificate (titolari di assegno stra­ordinario e autorizzati ai versamenti volontari), determinando in tal modo la data di perfeziona­mento dei requisiti e la decorrenza della pensione in salvaguardia, inviando infine ai singoli interes­sati una comunicazione mediante la quale verrà certificato il diritto che maturerà alla decorrenza indicata, con invito a presentare la relativa do­manda al momento opportuno.
E anche per questa tornata di salvaguardati è ipotiz­zabile che l'Inps replicherà la preliminare operazio­ne di pulizia delle posizioni assicurative già attuata, con il coinvolgimento di lavoratori e Patronati, per i precedenti 65mila salvaguardati, per giungere con maggiore rapidità ed efficacia alla definitiva fase di monitoraggio e ammissione ai benefici.
Anche in questo caso non tutte le posizioni po­tranno quindi essere valutate dall'Istituto senza un utile intervento da parte dei lavoratori interessati.
E' il caso, per esempio, di chi abbia lavorato al­l'estero, in Paesi dell'Unione europea o in altri Paesi comunque legati all'Italia da accordi o con­venzioni in materia di sicurezza sociale. La possi­bilità di cumulare i periodi di lavoro all'estero con quelli italiani è una facoltà che solo l'interessato può decidere di sfruttare. L'Inps spesso non cono­sce i periodi di assicurazione maturati nei Paesi esteri, ma quand'anche li conoscesse non potreb­be procedere d'ufficio al cumulo dei periodi. In questi casi la preventiva segnalazione da parte dell'interessato, o dei Patronato a cui il lavoratore si rivolga, è quindi indispensabile.
Altre situazioni vi potranno essere, in cui la do­manda preventiva potrà essere utile ad evitare sorprese spiacevoli, anche se, come si dirà in ap­presso, il monitoraggio dell'Inps ha una regola ferrea, quella della data di cessazione del rapporto di lavoro, per cui anche una domanda pervenuta all'ultimo momento può determinare la modifica di graduatorie già formate. Tali potranno essere le situazioni di chi, avendo maturato periodi di con­tribuzione in gestioni previdenziali diverse, inten­da maturare i requisiti per la pensione mediante ricongiunzione ai sensi della legge n. 29/1979 o della legge n. 45/1990. Oppure potrà accadere che l'assicurato abbia la possibilità, mai sfruttata prima, di riscattare periodi previsti da particolari disposizioni, maturando cosi un requisito contri­butivo che altrimenti non avrebbe magari rag­giunto o avrebbe raggiunto in tempi più lontani. In tutti questi casi la domanda dell'interessato è utile ad informare l'Istituto che nella sua valuta­zione dovrà tenere conto anche di elementi non ancora presenti nei propri archivi.
Il monitoraggio
Secondo quanto stabilito dalla norma (art. 22, com­ma 2, Dl n. 95/2012), l'Inps provvede al monitoraggio, sulla base della data di cessazione del rapporto di lavoro, delle domande di pensiona­mento presentate dai lavoratori che intendono avvaler­si dei requisiti di accesso e del regime delle decorrenze vigenti prima della data di entrata in vigore del decreto legge n 201/2011. Qualora dal predetto monitoraggio risulti il raggiungimento del limite numeri­co delle domande di pensione» (i 55mila fissati dalla norma) «il predetto ente non prenderà in esame ulteriori domande di pensionamento fina­lizzate ad usufruire dei benefici . . .».
Quindi l'Inps anche stavolta è tenuta ad effettuare il monitoraggio delle domande di pensio­ne, finalizzato a contenere gli accessi alla salvaguar­dia entro i limiti numerici imposti dalla legge (55mi­la). Ed a bloccare quindi l'accoglimento di ulteriori domande nel caso di superamento dei predetti limiti. Sarà quindi l'Inps a redigere gli elenchi o gradua­torie di lavoratori che, essendo nelle condizioni volute dalle norme, hanno diritto alla salvaguar­dia dall'incremento dei nuovi requisiti pensionisti­ci. Con la specificazione che il criterio guida per la formazione delle graduatorie non sarà la data di presentazione della domanda, ma bensì la data di cessazione del rapporto di lavoro.
E l'Inps naturalmente procederà alla formazione delle graduatorie tenendo conto anche delle co­municazioni di accoglimento provenienti dalle commissioni costituite presso le Direzioni territo­riali del lavoro (lavoratori cessati in base ad accor­di individuali o collettivi di incentivo all'esodo). Anche queste posizioni, unitamente alle altre, do­po il primo esame superato alle predette commis­sioni, dovranno infatti essere vagliate all'interno del plafond massimo dei 55mila aventi potenziale diritto alla salvaguardia.
I 10mila salvaguardati di cui alla legge n. 228/2012 (legge di stabilità 2013)
Come più sopra accennato, nell'ambito di alcune delle medesime categorie di lavoratori individuate dal comma 14 del Dl n. 201/2011 quali meritevoli di tutela rispetto ai nuovi incrementi dei requisiti pensionistici, dopo i primi 65mila di cui al decreto 1 giugno 2012 ed i successivi 55mila di cui al Dl n. 95/2012, la legge di stabilità 2013 (art 1, commi 231/237, legge 24 dicembre 2012, n. 228) ha disposto l'allargamento della platea dei salvaguarda­ti ad un ulteriore numero di soggetti stimabile nel­l'ordine di circa 10mila unità aggiuntive.
Vediamo più da vicino il provvedimento.
Le categorie ammesse al beneficio
L'art. 1, comma 231, della legge n. 228/2012 sta­bilisce che, ferme restando le salvaguardie previste dai precedenti due decreti, i requisiti di accesso al pensionamento ed il regime delle decorrenze vi­genti alla data del 31.12.2011 continuino a trovare applicazione nei confronti di ulteriori lavoratori che maturino i suddetti requisiti dopo il 2011. Queste le categorie ammesse al beneficio:
a) lavoratori cessati dal rapporto di lavoro en­tro il 30 settembre 2012 e collocati in mobilità ordinaria o in deroga a seguito di accordi go­vernativi o non governativi, stipulati entro il 31 dicembre 2011, e che abbiano perfezionato i requisiti utili al trattamento pensionistico entro periodo di fruizione dell'indennità di mobilità di cui all'articolo 7, commi 1 e 2, della legge 23 luglio 1991, n. 223, ovvero durante il periodo godimento dell'indennità di mobilità in deroga e in ogni caso entro il 31 dicembre 2014;
b) ai lavoratori autorizzati alla prosecuzione vo­lontaria della contribuzione entro il 4 dicembre 2011, con almeno un contributo volontario ac­creditato o accreditabile alla data del 6 Dicembre 2011, ancor­ché abbiano svolto, successivamente alla me­desima data del 4 dicembre 2011, qualsiasi atti­vità non riconducibile a rapporto di lavoro di­pendente a tempo indeterminato dopo l'auto­rizzazione alla prosecuzione volontaria, a con­dizione che:
1) abbiano conseguito successivamente alla data del 4 dicembre 2011 un reddito annuo lor­do complessivo riferito a tali attività non supe­riore a euro 7.500;
2) perfezionino i requisiti utili a comportare la decorrenza del trattamento pensionistico entro il 6.1.2015;
c) ai lavoratori che hanno risolto il rapporto di lavoro entro il 30 giugno 2012, in ragione di accordi individuali sottoscritti anche ai sensi degli articoli 410, 411 e 412 c.p,c, ovvero in appli­cazione di accordi collettivi di incentivo all'eso­do stipulati dalle organizzazioni comparativamen­te più rappresentative a livello nazionale entro il 31 dicembre 2011, ancorché abbiano svolto, dopo la cessazione, qualsiasi attività non ri­conducibile a rapporto di lavoro dipendente a tempo indeterminato, a condizione che:
1)    abbiano conseguito successivamente alla data del 30 giugno 2012 un reddito annuo lordo complessivo riferito a tali attività non superiore a euro 7.500;
2)  perfezionino i requisiti utili a comportare la decorrenza del trattamento pensionistico entro il 6.1.2015 ;
d) ai lavoratori autorizzati alla prosecuzione vo­lontaria della contribuzione entro il 4 dicembre 2011 e collocati in mobilità ordinaria alla pre­detta data, i quali, in quanto fruitori della relati­va indennità, devono attendere il termine della fruizione della stessa per poter effettuare il ver­samento volontario, a condizione che perfezio­nino i requisiti utili a comportare la decorrenza del trattamento pensionistico entro il 6.1.2015
Esaminiamo di seguito le differenze rispetto ai precedenti provvedimenti e, quindi, in cosa sì so­stanzi l'ulteriore ampliamento disposto dalla legge di stabilità.
1) Lavoratori collocati in mobilità
La norma parla di «lavoratori collocati in mobilità ordinaria o in deroga a seguito di accordi governativi o non governativi, stipulati entro il 31 dicem­bre 2011», che siano «cessati dal rapporto di lavoro entro il 30 settembre 2012» e che «abbiano perfe­zionato i requisiti utili al trattamento pensionisti­co entro il periodo di fruizione dell'indennità di mobilità ... ovvero durante il periodo di godimento dell'indennità di mobilità in deroga e in ogni caso entro il 31 dicembre 2014».
Diversamente quindi dai precedenti contingenti:
- la nuova platea dì salvaguardati contempla la sola mobilità ordinaria (non quindi quella lunga) e intro­duce la mobilità in deroga (vale a dire quella di cui possono beneficiare i lavoratori licenziati da azien­de non destinatarie della normativa sulla mobilità, ovvero i lavoratori che hanno fluito della, mobilità ordinaria e per i quali, sulla base di accordi regionali, viene prevista una proroga del trattamento);
- gli accordi sindacali da cui trae origine la procedura possono essere stati stipulati anche a livello territo­riale «non governativo» (in ciò distinguendosi rispet­to alle procedure di mobilità, rientranti nel contin­gente di 55mila salvaguardati di cui al Dl n. 95/ 2012, delle quali condivide comunque il termine ultimo dì stipulazione fissato al 31 dicembre 2011);
- viene fissata una data ultima di possibile cessa­zione del rapporto di lavoro spostata, rispetto al decreto 1° giugno 2012, al 30 settembre 2012;
- viene fissata una data ultima di possibile perfe­zionamento dei requisiti pensionistici, secondo le disposizioni vigenti prima del Dl n. 201/2011, al 31 dicembre 2014 (requisiti che - anche se si attende una conferma dall'Inps - si devono matu­rare entro il periodo di fruizione dell'indennità di mobilità). Anche in questo caso si ritiene che ciò che debba essere maturato entro le predette sca­denze sono i requisiti per il diritto a pensione, e non la decorrenza pensionistica (che ben può col­locarsi successivamente secondo il regime delle «finestre» pensionistiche differite di cui alla nor­mativa vigente fino al 2011).
2) Lavoratori autorizzati ai versamenti volontari anteriormente al 4 dicembre 2011
a) la compatibilità con attività lavorativa
Una prima novità che riguarda questa categoria di soggetti risulta la possibilità, introdotta per questo terzo scaglione di salvaguardati, di accedere al beneficio pur in presenza di attività lavorativa svolta, a determinati limiti e condizioni, successi­vamente alla data del 4 dicembre 2011.
Si ricorderà infatti che, in relazione a questa speci­fica categoria di salvaguardati, la norma originaria dettata dall'art. 24, comma 14, del Dl n. 201/2011 aveva previsto, quale unica condizione di accesso al beneficio, la condizione di autorizzazio­ne alla contribuzione volontaria ottenuta anteriormente al 4 dicembre 2011. Il decreto 1° giugno 2012 aveva poi prescritto in aggiunta, tra le altre cose, che i lavoratori interessati non dovessero aver ripreso attività lavorativa successivamente al­l'autorizzazione. Questa condizione era stata poi confermata dal Dl n. 95/2012 e dal relativo de­creto attuativo 8 ottobre 2012.
Tale condizione, quella di mancata ripresa di atti­vità lavorativa successiva all'autorizzazione, nella perentorietà della sua formulazione (che non am­metteva, a stretto rigore, alcuna deroga modulata in ragione della consistenza e durata di un even­tualmente reinstaurato rapporto lavorativo), aveva di fatto determinato la fuoriuscita dalla salvaguar­dia di un numeroso quantitativo di prosecutori volontari che, successivamente all'autorizzazione, aveva intrattenuto brevi ed occasionali rapporti lavorativi (dipendenti o autonomi), magari instau­rati proprio per far fronte alle esigenze economi­che derivanti dalla necessità di far fronte ai versa­menti contributivi volontari, e sicuramente non supportati da stabilità. Rapporti lavorativi che non intaccavano minimamente la sostanziale natura di prosecutori volontari dei soggetti medesimi (e ma­gari seguiti da una nuova ripresa di contribuzione volontaria in atto alla data di emanazione della riforma previdenziale).
Ebbene, per cercare un modo di far fronte a que­ste situazioni, quantomeno le più eclatanti, la nuo­va normativa introdotta dalla legge di stabilità 2013 ammette alla salvaguardia anche coloro che, nel rispetto delle ulteriori confermate condi­zioni di accesso, «abbiano svolto, successiva­mente alla data del 4 dicembre 2011, qualsiasi attività non riconducibile a rapporto di lavoro dipendente a tempo indeterminato dopo l'auto­rizzazione alla prosecuzione volontaria» alla condizione che «abbiano conseguito successiva­mente alla data del 4 dicembre 2011 un reddito annuo lordo complessivo riferito a tali attività non superiore a euro 7.500).
La norma dovrà essere chiarita in ordine alla sua reale portata ed applicabilità.
In particolare non è dato capire con chiarezza se i rapporti lavorativi (autonomi o dipendenti a tem­po determinato) compatibili con la salvaguardia possano essere solo quelli instaurati successiva­mente al 4 dicembre 2011 o anche quelli attivati anteriormente a tale data.
E, laddove si dovesse accedere alla seconda (più favorevole) interpretazione, se il limite di reddito di 7.500 euro lordi annui riguardi i soli rapporti instaurati successivamente alla medesima data del 4 dicembre 2011 o anche quelli attivati anterior­mente (dimodoché, per rapporti intercorsi ante­riormente, non vi sarebbe alcun limite reddituale di compatibilità). Ovvero ancora se, in modo an­cor più radicale, la condizione del non svolgimen­to di attività lavorativa successiva all'autorizzazio­ne alla prosecuzione volontaria debba intendersi, per questa terza tranche di salvaguardati, riferita ai soli rapporti lavorativi a tempo indeterminato o con reddito superiore ai 7.500 euro annui instau­rati a partire dal 4 dicembre 2011, rendendo quindi compatibile qualsiasi rapporto lavorativo attivato anteriormente.
Tutti questi aspetti, come più sopra accennato, dovranno formare oggetto di chiarimenti. La norma, comunque, conferma le ulteriori condi­zioni di accesso alla salvaguardia già introdotte dalle precedenti disposizioni, e vale a dire:
-  autorizzazione alla prosecuzione volontaria della contribuzione intervenuta entro la data del 4 di­cembre 2011;
-  possesso di almeno un contributo volontario accre­ditato o accreditabile alla data del 6 dicembre 2011;
-  perfezionamento dei requisiti utili a comportare la decorrenza della pensione, secondo le disposizioni vigenti prima del Dl n. 201/2011, entro la data ultima del 6 gennaio 2015
b) Il non possesso di contribuzione volontaria alla data del 6 dicembre 2011 dovuto a mobilità in corso alla predetta data
Abbiamo visto che tra le condizioni di accesso alla salvaguardia per i lavoratoti autorizzati ai versa­menti volontari viene prescritto il possesso di al­meno un contributo volontario accreditato o ac­creditabile alla data del 6 dicembre 2011.
Possono tuttavia verificarsi situazioni di lavoratori che, cessati e collocati in mobilità ordinaria da data anteriore al 4 dicembre 2011 (una mobilità che tuttavia, nel caso specifico, non li accompagna fino alla maturazione dei requisiti pensionistici), abbiano richiesto ed ottenuto entro la predetta data l'autorizzazione alla prosecuzione volontaria (autorizzazione finalizzata appunto a perfezionare i requisiti pensionistici una volta cessato il periodo di mobilità), ma poi di fatto non abbiano potuto materialmente effettuare alcun versamento a cau­sa della coesistente percezione dell'indennità di mobilità (corre infatti l'obbligo di evidenziare che lo status di percettore di indennità di mobilità consente bensì l'ottenimento di un provvedimento di autorizzazione alla prosecuzione volontaria, ma non il materiale versamento della contribuzione medesima, il quale può essere effettuato soltanto a partire dalla cessazione della mobilità).
Si tratta quindi di lavoratori che, non perfezionan­do i requisiti pensionistici entro il periodo di frui­zione dell'indennità di mobilità, non soddisfano le condizioni di accesso a salvaguardia prescritte per la categoria dei lavoratori in mobilità. Ed altresì che, non essendo in possesso di almeno un contri­buto volontario accreditato o accreditabile alla data del 6 dicembre 2011, non potrebbero rien­trare neanche nel contingente di salvaguardati previsto per i lavoratori autorizzati alla prosecu­zione volontaria.
Al fine di ovviare a tale inconveniente, la nuova normativa introdotta dalla legge di stabilità 2013 ha ammesso quindi alla salvaguardia anche i lavo­ratori autorizzati alla prosecuzione volontaria della contribuzione entro il 4 dicembre 2011 che, in quanto collocati in mobilità ordinaria e percettori della relativa indennità alla predetta data, devono attendere il termine della fruizione dell'indennità stessa per poter effettuare il versamento volontario. La salvaguardia opera anche in questo caso a condizione che si perfezionino i requisiti utili a comportare la decorrenza della pensione, secon­do le disposizioni vigenti prima del Dl n. 201/2011, entro la data ultima del 6 gennaio 2015.
3) Lavoratori che abbiano risolto il rapporto di lavoro entro il 30 giugno 2012 in ragione di accordi individuali o in applicazione di accordi collettivi di incentivo all'esodo stipulati entro il 31 dicembre 2011
Questa è la terza ed ultima categoria di soggetti che, in virtù del nuovo provvedimento normativo, beneficia di ulteriore contingente di salvaguardia. Anche per questa categoria la principale novità (oltre il differimento del termine ultimo di possibile cessazione del rapporto di lavoro) consiste nella possibilità, introdotta per questo terzo scaglione di salvaguardati, di accedere al beneficio pur in pre­senza di attività lavorativa svolta, a determinati li­miti e condizioni, successivamente alla risoluzione consensuale o incentivata del rapporto di lavoro.
Ma procediamo con ordine.
La norma parla di lavoratori che hanno risolto il rapporto di lavoro entro il 30 giugno 2012, in ragione di accordi individuali... ovvero in applicazione di accordi collettivi di incentivo all'esodo stipulati entro il 31 dicembre 2011i, e che «perfezionino i requisiti utili a comportare la decorrenza del trattamento pensionistico entro il trentaseiesimo mese successivo alla data di en­trata in vigore del decreto legge n. 201/2011 . . .
Per questo nuovo contingente di salvaguardati la data ultima di cessazione del rapporto di lavoro viene quindi spostata dal 31 dicembre 2011 al 30 giugno 2012 (gli accordi volti alla risoluzione con­sensuale o incentivata del rapporto di lavoro devono comunque essere stati stipulati entro il 31 dicembre 2011). Per il resto viene confermata la prescrizione che vede vincolarsi il beneficio alla condizione che la decorrenza pensionistica matu­rata secondo le disposizioni vigenti prima del Dl n. 201/2011 venga a collocarsi entro la data ulti­ma del 6 gennaio 2015.
Ma, come accennavamo sopra, la principale novi­tà consiste nel fatto che, diversamente da quanto prescritto dal decreto 10 giugno 2012 e conferma­to dal decreto 8 ottobre 2012 (i quali hanno imposto ai lavoratori in questione il vincolo della «non successiva rioccupazione in qualsiasi altra attività lavorativa» ai fini dell'ammissibilità della salvaguardia), per questo nuovo scaglione di be­neficiari la norma consente, seppur entro determi­nati limiti e condizioni, una ripresa di attività lavo­rativa successivamente alla cessazione consensua­le o incentivata del rapporto di lavoro.
I limiti e condizioni sono quelli che abbiamo già visto per i lavoratori autorizzati ai versamenti vo­lontari. La norma ammette infatti alla salvaguar­dia anche coloro che, nel rispetto delle ulterio­ri condizioni di accesso, «abbiano svolto, dopo la cessazione, qualsiasi attività non riconducibile a rapporto di lavoro dipendente a tempo inde­terminato» alla condizione che «abbiano conse­guito successivamente alla data del 30 giugno 2012 un reddito annuo lordo complessivo rife­rito a tali attività non superiore a euro 7.500». In ordine a questa «apertura» alla compatibilità della salvaguardia con la ripresa di successiva attività lavo­rativa, valgano le medesime osservazioni e conside­razioni svolte nei confronti della categoria degli au­torizzati ai versamenti volontari. Le precedenti for­mulazioni normative (che, in ragione della loro pe­rentorietà, non consentivano a stretto rigore alcuna deroga modulata in ragione della consistenza e du­rata di un eventualmente reinstaurato rapporto lavo­rativo), avevano di fatto determinato la fuoriuscita dalla salvaguardia di un numeroso quantitativo di «esodati» che, successivamente alla cessazione, ave­vano intrattenuto brevi ed occasionali rapporti lavo­rativi non supportati da alcuna stabilità.
Ed anche in questo caso la norma dovrà formare oggetto di chiarimenti volti a precisare se il limite di reddito di 7.500 euro lordi annui riguardi i soli rapporti instaurati successivamente al 30 giugno 2012 o anche quelli attivati anteriormente (dimo­doché, per rapporti intercorsi anteriormente, non vi sarebbe alcun limite reddituale di compatibilità).
Procedure e modalità applicative della salvaguardia
Come per i primi 120mila disciplinati dai due decreti il ministero del lavoro ha approvato il decreto attuativo il 22 Aprile 2013, poi pubblicato in Gazzetta ufficiale il 21 Maggio 2013. Il decreto non ha chiarito i punti critici che abbiamo pocanzi descritto ma ha prescritto gli adempimenti che i lavoratori sono tenuti a compiere per partecipare alla terza salvaguardia. Nello specifico entro il 25 settembre 2013 i prosecutori volontari devono presentare istanza di accesso all'Inps mentre tutti gli altri (mobilità e cessati dal servizio a seguito di accordi) devono prestare istanza di accesso alla Direzione territoriale del Lavoro.
Il Dm effettua poi la ripartizione del numero di salva­guardati tra le diverse categorie (10.130 unità complessive, suddivise tra 1.800 lavoratori in mobilità ordinaria, 760 in mo­bilità in deroga, 2.440 autorizzati ai versamenti volontari e 5.130 lavoratori cessati per risoluzione consensuale o incentivata).
Il monitoraggio
Anche per questo ulteriore contingente di salvaguar­dati è l'Inps il soggetto deputato ad effettuare il «monitoraggio dalle domande di pensionamento inoltrate dai lavoratori che intendono avvalersi dei requisiti di accesso e del regime delle decorrenze vigenti prima della data di entrata in vigore del decreto legge 6 dicembre 2011, n 201 ...».
Monitoraggio finalizzato a contenere gli accessi alla salvaguardia entro i limiti di spesa imposti dalla legge (che più sotto vedremo). Con la specificazione che i criteri guida per la formazione della graduatorie dovranno essere:
- per i lavoratori collocati in mobilità ordinaria o in deroga, la data di cessazione del rapporto di lavoro;
- per i lavoratori autorizzali ai versamenti volontari, la data di cessazione del rapporto di lavoro prece­dente l'autorizzazione ai versamenti volontari;
- per i lavoratori cessati in virtù di accordi consen­suali o incentivati, la data di cessazione del rap­porto di lavoro in ragione degli accordi medesimi.
I limiti di spesa
Secondo quanto disposto dai comma 234 dell'art. 1, legge n. 228/2012, il beneficio accordato alla nuova platea di salvaguardati «è riconosciuto nel limite massimo di 64 milioni di euro per l'anno 2013, di 134 milioni di euro per l'anno 2014, di 135 milioni di euro per l'anno 2015, di 107 milio­ni di curo per l'anno 2016, di 46 milioni di euro per l'anno 2017, di 30 milioni di euro per l'anno 2018, di 28 milioni di euro per l'anno 2019 e di 10 milioni di euro per l'anno 2020».
Istituzione di un fondo finalizzato al finanziamento di interventi in favore delle categorie di lavoratori salvaguardati
Il comma 235 del provvedimento istituisce, pres­so il Ministero del lavoro e delle politiche socia­li, un apposito fondo destinato al finanziamen­to di «interventi in favore delle categorie di lavoratori salvaguardati» individuate dai diversi provvedimenti normativi che si sono nel tempo avvicendati a disciplinare la materia (si tratta, a leggere il provvedimento, dei primi 120mila sal­vaguardati di cui all'art. 24, comma 14, del Dl n. 201/2011, ed all'art. 22, del Dl n. 95/2012). Al fondo viene attribuita una dotazione iniziale di 36 milioni di euro per l'anno 2013, ed al medesimo verranno attribuiti gli eventuali ri­sparmi di spesa, rispetto agli oneri program­mati, derivanti dall'attuazione del complessi­vo piano di salvaguardia disciplinato dai diversi decreti interministeriali intervenuti in materia. Le modalità di utilizzo del fondo verranno stabili­te «con decreto di natura non regolamentare del presidente del Consiglio dei Ministri, di concerto con il Ministro del lavoro e delle politiche sociali e con il Ministro dell'economia e delle finanze».
Il Governo si impegna comunque ad operare, ogni sei mesi a decorrere dal 1° gennaio 2013, una costante attività di «verifica della situazione dei lavoratori» salvaguardati, finalizzata ad indivi­duare idonee misure di tutela, ivi compresi gli stru­menti delle politiche attive del lavoro», da attuarsi mediante utilizzo delle risorse attribuite al Fondo di cui al presente paragrafo.
(Leggi)

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