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sabato 13 luglio 2013

Nota congiunta CGIL INCA del 6-6-13

Nota congiunta CGIL INCA
Roma, 6 giugno 2013

Prot. Inca n. 61
 
Gli effetti negativi prodotti dalla legge 214/2011, dalla legge  14/2012 e dal decreto ministeriale del 1° giugno 2012:   alcune questioni di contenzioso

Dipartimento Welfare e nuovi diritti CGIL
Rita Cavaterra e Sandro Del Fattore

Area Previdenza e Assistenza INCA-CGIL
Giuliano Ferranti e Luigina De Santisù

Premessa
L’art. 24 del decreto legge 201/2011, convertito con modificazioni in legge 214/2011, ha ridefinito in modo strutturale l’assetto pensionistico sostituendo le pensioni di vecchiaia, di vecchiaia anticipata e di anzianità con la pensione di vecchiaia e con la pensione anticipata. Di fatto sono state abolite le pensioni di anzianità con le quote, sono stati aumentati notevolmente i requisiti contributivi per conseguire la pensione anticipata a prescindere dall’età e sono stati incrementati i requisiti anagrafici per conseguire la pensione di vecchiaia, in particolar modo per le lavoratrici del settore privato.

Il legislatore senza prevedere alcuna gradualità, ha deciso di innalzare bruscamente i requisiti per la generalità dei lavoratori e mantenere, solo per alcune specifiche categorie di lavoratori (definite categorie più deboli) e nei limiti di predeterminate risorse, la possibilità di accedere a pensione sulla base dei previgenti requisiti, anche se perfezionati dopo il 31.12.2011.

Per effetto del repentino incremento dei requisiti e per l’assenza della previsione di un periodo transitorio il diritto a pensione è stato differito, in molti casi, anche, di 5/6 e più anni rispetto alla precedente normativa.

A causa delle risorse finanziarie limitate e dell’esclusione dalle norme derogatorie di diverse categorie particolarmente deboli quali ad esempio i disoccupati di lungo periodo, i licenziati con provvedimento unilaterale e senza ammortizzatori sociali, i dimissionari per giusta causa, molti lavoratori si trovano già e tanti altri si verranno a trovare in situazioni estremamente drammatiche: senza stipendio, senza ammortizzatori e senza pensione per diversi anni. Inoltre, a causa di alcune interpretazioni restrittive date dall'INPS (anche a seguito di specifiche indicazioni del Ministero del Lavoro) tante lavoratrici e lavoratori potrebbero ritardare o addirittura non conseguire il diritto a pensione.

Il Dipartimento Welfare della Cgil e l’Area Previdenza dell’Inca nazionale, nel tentativo di trovare una soluzione, sul versante del contenzioso, per le lavoratrici ed i lavoratori che si trovano in situazioni estremamente critiche, hanno esaminato con i consulenti legali del patronato e della confederazione gli aspetti maggiormente problematici derivanti dall’applicazione della legge  214/2011 con l’obiettivo di elaborare un documento comune, da mettere a disposizione dell’organizzazione a tutti i livelli, con le varie indicazioni di contenzioso da proporre, in alcuni casi, sotto il profilo interpretativo, in altri, per eccesso di delega ed in altri ancora sotto il profilo della legittimità costituzionale.

La gestione del contenzioso, di competenza Inca, deve essere comunque basata sulla prudenza, sia per evitare di esporre i lavoratori ad una possibile condanna alle spese, che per favorire gli esiti positivi delle problematiche individuate.

Suggeriamo, pertanto, di effettuare una attenta e prudente selezione delle casistiche che meglio si prestano ad evidenziare l’assurda drammaticità degli effetti negativi prodotti dalle nuovi disposizioni di legge sui lavoratori.

Inoltre, anche in considerazione delle ricadute che gli esiti del contenzioso possono avere sulla trattazione di analoghe situazioni riteniamo opportuno che il contenzioso sui temi elencati nella presente circolare venga sviluppato d’intesa con i consulenti legali dell’INCA e della CGIL nazionali. Ovviamente, la gestione della domanda iniziale, del ricorso amministrativo e dell’eventuale ricorso giudiziale è di competenza esclusiva dell’INCA, il patronato della CGIL. Per questo vi invitiamo sin dalla proposizione del ricorso in primo grado a prendere contatto con l’area previdenza dell’Inca Nazionale.

Con la presente nota affrontiamo i temi  di contenzioso individuati ed approfonditi, insieme ai consulenti legali CGIL e INCA, suddivisi per tipologia: questioni di carattere interpretativo, eccesso di delega, questioni di costituzionalità.

Indice dei temi di contenzioso

1. Interpretazioni restrittive da parte dell’Inps e del Ministero
1.1 Autorizzati alla prosecuzione volontaria prima del 20.7.2007 (art.1, c. 8, della legge 243/2004, modificata dalla legge 247/2007)
1.2 Pensione di anzianità in regime sperimentale per le lavoratrici (art. 1, c. 9, della legge 243/2004)
1.3 Lavoratrici e lavoratori dipendenti che maturano, entro il 31.12.2012, i requisiti in vigore al 6.12.2011 (art.24, c.15-bis, legge 214/2011)
1.4 Extracomunitari rimpatriati
1.5 Requisito contributivo per l’accesso alla pensione anticipata (art. 24, comma 10 della legge 214/2011)
1.6 Dipendenti delle autonomie locali in esonero dal servizio sulla base di leggi regionali.

2. Eccesso di delega del decreto ministeriale del 1° giugno 2012, di attuazione dell’art. 24 della legge  214/2011
2.1 Lavoratori in mobilità ordinaria e lunga: vincolo della cessazione entro il 4.12.2011
2.2 Autorizzati alla prosecuzione volontaria: previsione delle ulteriori condizioni di decorrenza della pensione, di non ripresa di alcuna attività lavorativa, del contributo volontario accreditato al 6.12.2011
2.3 Cessati sulla base di accordo all’esodo individuale o collettivo: ulteriore condizione di nessuna rioccupazione successiva alla cessazione

3. Questioni di costituzionalità
3.1 Esclusione di alcune categorie di lavoratori deboli dai potenziali beneficiari delle norme derogatorie
3.2 Riduzione dell’importo della pensione retributiva liquidata ad età inferiore a 62 anni a categorie di lavoratori con speranza di vita ridotta
3.3 Inclusione nel numero dei potenziali beneficiari della salvaguardia dei lavoratori collocati in mobilità lunga sulla base di precedenti norme derogatorie
3.4 Adeguamento dei requisiti per il diritto a pensione per i soggetti collocati in mobilità o cessati sulla base di accordi di mobilità o all’esodo individuale o collettivo antecedentemente all’entrata in vigore della legge che ha introdotto l’adeguamento dei requisiti in relazione all’incremento della speranza di vita
3.5 Mancata previsione di un innalzamento graduale dei requisiti anagrafici e contributivi per la pensione di vecchiaia e di anzianità per le lavoratrici ed i lavoratori prossimi a pensione.

1. Interpretazioni restrittive da parte dell’Inps e del Ministero

Premessa
Alcune disposizioni di legge, come il Decreto legislativo 503/1992, che ha aumentato il requisito contributivo da 15 a 20 anni per maturare il diritto a pensione di vecchiaia e la legge 243/2004, modificata dalla legge n. 247/2007, che ha aumentato i requisiti di età anagrafica e di anzianità contributiva per l’accesso alla pensione di anzianità, hanno previsto per alcune specifiche categorie di lavoratori ed a determinate condizioni la possibilità di conseguire la pensione di vecchiaia o di anzianità sulla base dei requisiti vigenti prima della loro entrata in vigore.

Tali deroghe, non essendo mai  state abrogate espressamente, hanno continuato ad esplicare la loro efficacia anche dopo ulteriori modifiche in ambito pensionistico apportate da successivi interventi legislativi.

L’Inps con circolare n. 35/2012  (dietro parere espresso dal Ministero del lavoro) aveva ritenuto tacitamente abrogato anche l’art. 2, comma 3, del Decreto Legislativo 503/1992,che prevede il mantenimento, per i lavoratori che si trovano in determinate condizioni, del requisito contributivo di 15 anni per maturare il diritto alla pensione di vecchiaia. Anche  a seguito di nostre insistenti pressioni, il Ministero del lavoro è stato costretto a cambiare la sua posizione, di conseguenza l'INPS, con circolare del 1° febbraio 2013 n. 16, commentata con  nota della CGIL del 4.2.2013 e circolare INCA n. 16 del 6.2.2013, ha chiarito che, dopo gli approfondimenti effettuati di concerto con i Ministeri vigilanti, le disposizioni di cui all’art. 2, comma 3, del d.lgs 503/1992 continuano ad operare, in quanto non espressamente abrogate dall’art. 24 della legge 214/2011, anche dopo il 2011.

Altre norme derogatorie, invece, dopo l’entrata in vigore della legge 214 sono state considerate tacitamente abrogate, a nostro avviso senza valide motivazioni.

1.1 Autorizzati alla prosecuzione volontaria prima del 20.7.2007 (art. 1, c. 8, della legge 243/2004, modificata dalla legge 247/2007)
L’art. 1 comma 8, della legge  243 del 2004, come modificato dall’art. 1, della legge 247/2007, ha previsto, per i lavoratori autorizzati alla prosecuzione volontaria antecedentemente al 20 luglio 2007, la possibilità di continuare a conseguire la pensione di anzianità sulla base delle disposizioni previste dalla previgente normativa.

Per effetto di tale disposizione, fino all’entrata in vigore della legge  214/2011 detti lavoratori, dipendenti ed autonomi, continuavano a conseguire il diritto a pensione di anzianità con 35 anni di anzianità contributiva e con almeno 57 anni di età, se dipendenti, o 58 anni se autonomi.

Il comma 14 dell’art.24 della legge  214/2011 ha poi previsto per gli autorizzati alla prosecuzione volontaria antecedentemente alla data del 4 dicembre 2011 la possibilità di continuare ad andare in pensione sulla base dei requisiti vigenti al 6.12.2011.

Mentre la deroga contenuta nella legge 243/2004 poneva come unica condizione la sola data di autorizzazione (prima del 20.7.2007), l’ultima disposizione, invece, condiziona il diritto a predeterminate risorse finanziarie e ad un limite numerico, fissato poi dal previsto decreto ministeriale di attuazione (DM del 1° giugno 2012) in 10.250 unità.

L’art. 24, comma 14, legge 214/2011, come interpretato dall’Inps e dal Ministero del lavoro, condiziona il diritto alla pensione di anzianità per i soggetti ammessi alla prosecuzione volontaria prima del 20.7.2007, alla maturazione dei requisiti richiesti (57 anni di età e 35 di contribuzione per i lavoratori subordinati; 58 anni di età e 35 di contribuzione per i lavoratori autonomi) entro il 31.12.2011.

Abbiamo posto ai consulenti legali il quesito, se i soggetti destinatari dell’art. 1, comma 8,  della legge 243/2004, nel testo risultante dalle modifiche introdotte con la legge 247/2007, abbiano perfezionato un diritto soggettivo perfetto ad accedere al trattamento di anzianità, ovvero se questo diritto possa essere limitato e condizionato da una norma successiva.

A loro avviso, con l’art. 1, comma 8, della legge 243 del 2004, il legislatore –nel contesto di una legge che ha aggravato i requisiti di accesso alla pensione di anzianità –ha ritenuto di eccettuarvi una categoria di soggetti: quelli ammessi alla prosecuzione volontaria in data anteriore all’entrata in vigore della legge. In tal modo il legislatore ha configurato una duplice disciplina.

La persistenza della precedente disciplina nei confronti dei prosecutori volontari aveva una validissima giustificazione: garantire a lavoratori non più soggetti all’assicurazione obbligatoria, ed onerati dal peso della contribuzione volontaria, l’invarianza delle condizioni di accesso alla pensione di anzianità vigenti all’atto dell’ammissione alla prosecuzione volontaria, in difetto di che, sarebbe stato reso incerto il raggiungimento dell’obiettivo in vista del quale veniva utilizzato lo strumento della contribuzione volontaria.

La legge 214/2011 ha introdotto una nuova salvaguardia per i prosecutori volontari autorizzati entro il 4 dicembre 2011 senza pregiudicare i diritti maturati dai prosecutori volontari autorizzati entro il 20 luglio 2007 già derogati dalla legge 247/2007.

La deroga di cui alla legge 247/2007 è rivolta esclusivamente alla maturazione del diritto all’accesso al pensionamento di anzianità con 35 anni di contributi e 57/58 anni di età anagrafica, mentre la deroga prevista dalla legge 214/2011 riguarda sia il pensionamento di anzianità (con la quota e con i 40 anni) che quello di vecchiaia. Ciò dimostra che si tratta di una nuova salvaguardia.

In caso contrario, il “patto” intercorso tra lo Stato-legislatore e questi assicurati (autorizzati alla prosecuzione volontaria dei contributi entro il 20 luglio 2007) verrebbe violato per effetto della norma sopravvenuta che ha introdotto un’ulteriore condizione, non presente nella norma originaria, in forza della quale le preesistenti condizioni di accesso alla pensione di anzianità restano ferme solo per coloro che maturino il diritto a pensione entro il 31 dicembre 2011.

Con questa restrizione, il legislatore verrebbe meno all’affidamento che aveva dato con la disposizione precedente, vanificando le legittime previsioni  di chi, avvalendosi di questa  assicurazione, si era accollato un gravoso onere in attesa di perfezionare i requisiti di contribuzione precedentemente richiesti.

La questione di costituzionalità presenterebbe consistenti probabilità di accoglimento, in quanto il legislatore, con l’art. 1, comma 8, aveva definito un “percorso” differenziato per i soggetti già ammessi alla prosecuzione volontaria, al termine del quale il diritto a pensione era stato garantito, all’unica condizione che si fossero raggiunti l’età e l’anzianità contributiva previgente, indipendente dal momento di perfezionamento.

Inoltre, a nostro avviso, ai trattamenti pensionistici di anzianità liquidati in favore degli autorizzati alla prosecuzione volontaria prima del 20 luglio 2007 non deve essere applicato il regime delle decorrenze a scorrimento introdotto dall’art. 12, comma 2, del decreto legge 78/2010, convertito con modificazioni in legge 122/2010. Tale ultima disposizione di legge, infatti, ha introdotto il nuovo regime delle decorrenze per i soggetti che conseguono il diritto a pensione sulla base dell’art. 1, comma 6, della legge 243/2004.

Come si ricorderà, l’Inps nella circolare n. 126/2010, aveva precisato che sono esclusi dall’applicazione della nuova disciplina coloro che accedono al trattamento pensionistico di anzianità sulla base di una disciplina diversa da quella prevista dall’art. 1, comma 6,della legge 243/2004. Solo successivamente e dopo l’intervento del Ministero del lavoro, l’Istituto, con circolare n. 53/2011, ha rettificato la precedente posizione, precisando che il differimento della decorrenza di 12 o 18 mesi si applica a tutte le pensioni di anzianità comprese, quindi, quelle liquidate in favore dei beneficiari della deroga di cui all’art.1, comma 8 della legge n. 243/2004.

1.2. Regime sperimentale per le lavoratrici (art. 1, comma 9 della legge 243/2004)
L’art. 24, comma 14, della legge 214/2011 ha espressamente mantenuto in vigore le disposizioni, in materia di requisiti di accesso e di regime delle decorrenze previste, per le lavoratrici, dall’art. 1, comma 9, della legge  243/2004. Pertanto le lavoratrici continuano a maturare il diritto a pensione di anzianità, anche dopo il 31.12.2011, con 35 anni di contributi e 57 anni di età se dipendenti, 58 anni se autonome, optando per il calcolo contributivo. Tale possibilità è prevista in via sperimentale fino al 31.12.2015.

Secondo l’Inps alle pensioni di anzianità in regime sperimentale di cui all’art.1, comma 9, della legge  243/2004 si applica il regime delle decorrenze mobili o a scorrimento ed il requisito anagrafico di 57 o 58 anni è soggetto all’adeguamento alla speranza di vita. Inoltre la sperimentazione termina il 31 dicembre 2015, decorrenza compresa.

Con le interpretazioni fornite dall’Inps (dietro esplicito parere del Ministero del Lavoro) il periodo sperimentale viene ridotto notevolmente; infatti, per effetto dell’applicazione della finestra mobile e della speranza di vita, la possibilità di optare per tale tipologia di pensionamento è limitata alle lavoratrici dipendenti che maturano i requisiti di 35 anni di contribuzione e 57 anni e 3 mesi di età entro il 30.11.2014 (nate entro il 31.8.1957)e alle lavoratrici autonome che maturano i requisiti di 35 anni di contributi e 58 anni e 3 mesi di età entro il 31.05.2014 (nate entro il 28.02.1956).

L’interpretazione restrittiva dell'Inps che impedisce l'opzione a tante lavoratrici disposte a rinunciare ad una quota di pensione, spesso per evitare un lungo periodo senza reddito o una lunga permanenza al lavoro, appare una evidente violazione di quanto disposto dall’art. 1, comma 9, della legge 243/2004, norma che aveva previsto la possibilità di optare per le lavoratrici che entro il 31.12.2015 maturavano i previgenti requisiti per la pensione di anzianità.

A  nostro avviso, per tale facoltà di pensionamento:

 non trova applicazione il regime delle decorrenze mobili;

 l’età di 57 o 58 anni non va incrementata in relazione alla speranza di vita;

 l’anno2015 va considerato come ultimo anno di maturazione dei requisiti per il diritto e non di decorrenza della pensione.

Relativamente al primo punto valgono le considerazioni fatte nel paragrafo precedente per i prosecutori volontari: il regime delle decorrenze è stato introdotto dall’art. 12, comma 2, della legge  122/2010solo per i soggetti che conseguono il diritto a pensione sulla base dell’art. 1, comma 6, della legge  243/2004.

L’incremento del requisito anagrafico in relazione alla speranza di vita non deve essere applicato alla pensione di anzianità in regime sperimentale per le lavoratrici per il semplice fatto che la disposizione di legge che lo ha introdotto, l’art. 12, comma 12 bis, della legge 122/2010, nel testo modificato dall’art. 24, comma 12, lettera a), del decreto legge  201/2011, convertito con modificazioni  nella legge n. 214/2011, lo ha previsto per maturare:

i requisiti di età e i valori di somma di età anagrafica e di anzianità contributiva di cui alla tabella B allegata  alla legge  243/2004, e successive modificazioni;

i requisiti anagrafici per il conseguimento della pensione di vecchiaia;

il requisito anagrafico per il conseguimento dell’assegno sociale;

il requisito contributivo per il conseguimento del diritto alla pensione anticipata, indipendentemente dall'età anagrafica.

Infine, per quanto riguarda il periodo sperimentale riteniamo che la decorrenza non debba essere considerata costitutiva del diritto.

A dire il vero, con sentenza n. 18041/2007 la Corte di Cassazione ha affermato che “In tema di pensione di anzianità a carico dell'assicurazione generale obbligatoria o di forme di previdenza di essa sostitutive, la decorrenza di detta pensione in base alle regole delle "finestre" indicate dall'art.1, c. 29, della legge 8 agosto 1995, n. 335rappresenta elemento costitutivo dello stesso diritto a pensione, il quale, pertanto, si perfeziona soltanto nel momento in cui matura la data di decorrenza fissata dalla legge, essendo quindi irrilevante, per l'insorgenza di siffatto diritto, che l'assicurato abbia, prima del predetto momento, conseguito il prescritto requisito contributivo e presentato domanda di pensione”.

Anche se in tema di interpretazione, delle cd “finestre” di cui all’art. 1, comma 29, della legge 335/1995 la S.C. ha affermato che la decorrenza è un elemento costitutivo del diritto che si perfeziona nel momento della decorrenza, sembra dal testo dell’art. 12, della legge 122/2010 che si possa diversamente opinare.

Infatti il legislatore afferma espressamente l’esistenza di un “diritto all’accesso al pensionamento”, diversificato rispetto al diverso diritto “alla decorrenza del trattamento pensionistico”.

Anche se la norma non è del tutto chiara tuttavia vi è una diversificazione tra il diritto all’accesso al pensionamento e il diritto alla decorrenza.

1.3. Lavoratrici e lavoratori dipendenti che maturano, entro il 31.12.2012, i requisiti in vigore al 6.12.2011 (art.24, c.15-bis, legge 214/2011)
L’art. 24, comma 15-bis, della legge  214/2011 prevede in via eccezionale, per i lavoratori che svolgono attività di lavoro dipendente nel settore privato (quindi la norma non si applica ai lavoratori del settore pubblico e ai lavoratori autonomi e parasubordinati)la cui pensione viene liquidata dall'assicurazione generale obbligatoria o dalle forme sostitutive, la possibilità di conseguire la pensione anticipata a 64 anni di età, qualora maturino entro il 31.12.2012 il diritto a pensione di anzianità con la quota.

La stessa disposizione prevede analoga possibilità di pensionamento a 64 anni di età per le lavoratrici dipendenti del settore privato che maturano entro il 2012 il requisito per la pensione di vecchiaia in vigore al 6.12.2011.

Pertanto, il lavoratore dipendente privato che entro il 31.12.2012 perfezionerà “quota 96” con almeno 35 anni di contributi e 60 anni di età potrà andare in pensione dal mese successivo al compimento del 64° anno di età, e la lavoratrice dipendente che entro il 2012 matura 20 anni di contributi e 60 anni di età potrà andare in pensione alla stessa età di 64 anni.

L’INPS ha precisato che la norma eccezionale si applica esclusivamente ai lavoratori che svolgono attività di lavoro dipendente nel settore privato alla data del 28.12.2011 (data di entrata in vigore della legge di conversione del decreto), a prescindere dalla gestione dalla quale è liquidato il trattamento pensionistico.

L’interpretazione data dall’Inps consente l’accesso al pensionamento a 64 anni anche ai dipendenti privati che utilizzano, per la liquidazione della pensione, contribuzione da lavoro autonomo non ricongiunta. In tal caso, ovviamente, per perfezionare il diritto a pensione di anzianità, entro il 2012,si dovrà raggiungere “quota 97” con almeno 35 anni di contribuzione e 61 anni di età.

Secondo l’Inps sono destinatari della norma solo i soggetti che svolgevano attività lavorativa alla data del 28 dicembre 2011 ed il requisito anagrafico di 64 anni va adeguato alla speranza di vita: nel 2013-2015 il requisito anagrafico sarà di 64 anni e 3 mesi e nel 2016-2017 di 64 anni e 7 mesi(se sarà confermato l’aumento stimato dal 2016).

Innanzitutto non condividiamo il fatto che l’Inps escluda dall’applicazione del beneficio i lavoratori che al 28 dicembre 2011 non erano occupati alle dipendenze di privati; infatti con tale interpretazione vengono esclusi dalla tutela garantita dalla norma eccezionale i disoccupati di breve e di lungo periodo, i lavoratori in mobilità, i prosecutori volontari: tutti soggetti che si trovano nelle condizioni di maggiore difficoltà.

Si ritiene che la  lettura della disposizione in commento, in base alla quale i lavoratori dipendenti del settore privato potrebbero conseguire il trattamento pensionistico in età anticipata (comunque non inferiore ai 64 anni) solo se  al 28 dicembre 2011 si siano trovati  in attualità di lavoro vada  contrastata  in sede amministrativa e giudiziaria perché illegittima ed arbitraria.

Non c’è dubbio che il legislatore abbia inteso  riservare il beneficio ai soli lavoratori subordinati attraverso un implicito rinvio alla fattispecie legale di cui all'art. 2094 cod. civ, sicché non possono essere ritenuti ricompresi nell’area applicativa della norma soggetti riconducibili a categorie diverse, quali i lavoratori autonomi i collaboratori etc..

Tuttavia, i soggetti che, con continuità, abbiano prestato lavoro subordinato con assolvimento del relativo obbligo contributivo nei confronti dell’Inps, in presenza del requisito di età e di anzianità contributiva, debbono essere ammessi al beneficio indipendentemente dalla circostanza che il loro rapporto di lavoro subordinato fosse  in atto al 28  dicembre 2011.

Diversamente da quanto sostenuto dall'INPS, il testo della citata disposizione fornisce una definizione dei  destinatari del beneficio senza operare alcun richiamo alla temporalità dello status  di lavoratore subordinato, essendo la suddetta  data indicata solo quale limite cronologico entro il quale i requisiti debbono essersi verificati.

Il presupposto dell’attualità è del tutto estraneo all'ambito di applicazione della disposizione: una irrazionale  restrizione dell’area applicativa tale da escludere  proprio quelle situazioni di perdita involontaria del lavoro che  programmaticamente la norma “in via eccezionale” intende  proteggere,  potrebbe dar luogo, se non correttamente interpretata, ad una -fondata -censura di illegittimità costituzionale.

Inoltre siamo dell’avviso che il requisito dell’età di 64 anni per conseguire la pensione non debba essere incrementato in relazione all’aumento della speranza di vita, in quanto i 64 anni devono essere considerati come un termine e non come un requisito anagrafico per perfezionare il diritto a pensione.

1.4. Extracomunitari rimpatriati
L’Inps sostiene che la riforma è ispirata ad un generale principio di armonizzazione e che, pertanto, anche i lavoratori extracomunitari, dal 1° gennaio 2012, conseguono il diritto a pensione di vecchiaia all’età di 66 anni, età soggetta all’adeguamento per la speranza di vita. Secondo l’Inps la nuova età pensionabile e gli adeguamenti si applicano anche per liquidare la pensione di vecchiaia contributiva ai lavoratori extracomunitari rimpatriati, in deroga ai requisiti minimi contributivi previsti dalla legislazione vigente.

Si tratta di una valutazione forzata che non tiene conto del fatto che siamo in presenza di una norma speciale, che detta la medesima età pensionabile per uomini e donne (65 anni), determinando un diritto a pensione in base a requisiti che non sono analoghi a quelli richiesti a chi resta in Italia. Infatti, l’art. 22, comma13, del decreto legislativo 286/1998, come sostituito dall’art. 18, comma 1, della legge 189/2002 stabilisce che in caso di rimpatrio il lavoratore extracomunitario conserva i diritti previdenziali maturati e può goderne indipendentemente dalla vigenza di un accordo di reciprocità al compimento del sessantacinquesimo anno di età, anche in deroga al requisito contributivo minimo previsto dalla legge.

L’estensione dell’aumento dell’età pensionabile per effetto della speranza di vita a chi lascia l’Italia per raggiungere il Paese di origine estende di fatto le tabelle di mortalità italiane a persone con una speranza di vita media inferiore rispetto a quella italiana per effetto delle diverse condizioni socio economiche.

1.5. Requisito contributivo per maturare i requisiti per l’accesso alla pensione anticipata indipendentemente dall’età
Il diritto alla pensione anticipata dal 1° gennaio 2012 si matura esclusivamente sulla base dell’anzianità contributiva di 42 anni e 1 mese per gli uomini e di 41 anni e 1 mese per le donne.

Per gli anni successivi tali requisiti contributivi verranno incrementati di un mese per l’anno 2013 e di un ulteriore mese a decorrere dall’anno 2014; inoltre, saranno ulteriormente incrementati per l’adeguamento periodico relativo alla speranza di vita.

La disposizione di legge non precisa nulla riguardo alla tipologia dell’anzianità contributiva minima richiesta per maturare il diritto alla pensione anticipata. L’INPS, invece, con la circolare 35/2012 ha precisato che per perfezionare i requisiti contributivi per i soggetti con contribuzione al 1° gennaio 1996 resta fermo il possesso di almeno 35 anni con esclusione della contribuzione figurativa per malattia e disoccupazione.

A nostro avviso la verifica dei 35 anni non deve essere più effettuata poiché era riferita alla sola pensione di anzianità, che la legge 214/2011 ha soppresso; riteniamo, pertanto, che la posizione dell’Inps che propone il trascinamento ingiustificato ed illegittimo di una precedente normativa non più in vigore possa essere impugnata.

1.6. Dipendenti delle autonomie locali in esonero dal servizio sulla base di leggi regionali che hanno recepito l’art. 72, comma 1 della legge 133/2008
Per i dipendenti pubblici che hanno in corso, al 4.12.2011, l’istituto dell’esonero dal servizio di cui all’art. 72, comma 1, della legge 133/2008, viene prevista la possibilità di pensionamento sulla base dei previgenti requisiti anche se perfezionati dopo il 31.12.2011, nei limiti di determinate risorse stabilite dalla stessa disposizione di legge e nel limite numerico stabilito dal decreto ministeriale del 1° giugno 2012.

L’art. 72, comma 1, della legge 133/2008, prevedeva per il personale dipendente delle amministrazioni dello Stato, anche ad ordinamento autonomo, delle Agenzie fiscali, della Presidenza del Consiglio dei Ministri, degli Enti pubblici non economici, delle Università, delle Istituzioni ed Enti di ricerca nonché gli enti di cui all'articolo 70, comma 4, del decreto legislativo 165/2001, la possibilità di essere esonerato dal servizio nel corso del quinquennio antecedente la data di maturazione della anzianità massima contributiva di 40 anni.

La previsione di cui all’art. 72 della legge 133/2008 è stata estesa, con specifiche leggi regionali, anche al personale dipendente regionale, delle aziende sanitarie e degli enti strumentali di alcune Regioni.

I dipendenti collocati in esonero dal servizio sulla base di leggi regionali si trovano nelle medesime condizioni dei dipendenti collocati in esonero dal servizio sulla base dell’art. 72 della legge 133/2008.

Tra l’altro, il Dipartimento della Funzione Pubblica, con circolare n. 2 del 8.3.2012, condivisa con il Ministero del lavoro e con  il Ministero dell'economia, nel fornire indicazioni interpretative per un'omogenea applicazione della disciplina per gli aspetti di impatto sul rapporto di lavoro o di impiego, non aveva fatto distinzione di sorta tra i dipendenti in esonero dal servizio, ai sensi dell’art. 72 con quelli in esonero ai sensi di leggi regionali.

Infatti al punto 4)della suddetta circolare il Dipartimento della Funzione Pubblica chiarisce che con la soppressione dell’istituto dell’esonero dal servizio, di cui all’art. 72 della legge 133/2008, e con la disapplicazione delle disposizioni di leggi regionali contenenti discipline analoghe a quelle dell’istituto dell’esonero di cui alla normativa statale, operate dall’art. 24, comma 1, lettera e) della legge 214/2011, a far data dal 28.12.2011 le norme di disciplina del rapporto continuano ad applicarsi agli esoneri già concessi prima del 4.12.2011.

Riguardo al regime di accesso al trattamento pensionistico, la circolare precisa che il previgente regime troverà applicazione anche nei confronti del personale in esonero che matura i requisiti a decorrere dal 1° gennaio 2012, a condizione  che l'esonero fosse in corso alla data del 4.12.2011 e che dall'esito della procedura di monitoraggio di cui al comma 15 dell’art. 24 della legge 214/2011 risulti la capienza del contingente (le modalità attuative sono state poi definite con il decreto ministeriale del 1° giugno 2012).

Infine con la predetta circolare, il Dipartimento della Funzione Pubblica precisa che l’eventuale incapienza del fondo comporterà l'applicazione del nuovo regime e, quindi, la prosecuzione del rapporto di esonero con il dipendente sino alla maturazione dei nuovi requisiti di anzianità contributiva legale.

Il Ministero del lavoro, con nota del 28/11/2012, ha chiarito che le istanze presentate dai lavoratori beneficiari dell’istituto dell’esonero dal servizio ai sensi di leggi regionali non sono ammissibili. Secondo il Ministero i soggetti destinatari della salvaguardia sono, anche  e soprattutto ai fini della copertura finanziaria, solo i dipendenti delle amministrazioni dello Stato e delle altre amministrazioni ed enti tassativamente elencati dall’art. 72, comma 1 della legge 133/2008.

A nostro avviso, invece ,anche i dipendenti collocati in esonero dal servizio sulla base di analoghe leggi regionali dovrebbero rientrare tra i potenziali beneficiari della salvaguardia.

Ciò sia per quanto specificato in premessa e sia perché l’interpretazione costituzionale della norma porta a ritenere che rientrano a pieno titolo tra i beneficiari della norma di salvaguardia anche i dipendenti delle amministrazioni locali in esonero dal servizio al 4.12.2011. Una diversa interpretazione darebbe luogo, infatti, ad ingiustificate disparità di trattamento tra i dipendenti delle amministrazioni statali e i dipendenti delle autonomie locali che si trovano nelle medesime condizioni.

Il termine per la presentazione del ricorso al competente Organo di giustizia amministrativa (TAR), di60 giorni dalla comunicazione del primo provvedimento di diniego è ormai trascorso. Può, comunque, essere tentato il ricorso giudiziale alla Corte dei conti avverso il diniego della liquidazione del trattamento pensionistico sulla base dei requisiti di accesso previgenti alla legge 214/2011.

Infatti sulla questione si sono pronunciati diversi TAR (Piemonte, Veneto, etc.) stabilendo che gli atti con cui il Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali ha denegato l’ammissione al beneficio di cui all’art. 24, comma 14, lettera e) del decreto legge 201 del 2011 involge posizioni di diritto soggettivo, per cui nel caso di dipendenti delle amministrazioni regionali, competente a giudicare è la Corte dei Conti, cui il lavoratore potrà rivolgersi per ottenere quanto negatogli.

2. Eccesso di delega del decreto ministeriale del 1° giugno 2012, di attuazione dell’art. 24 della legge 214/2011

Premessa
Come detto in premessa, il legislatore, ha innalzato bruscamente i requisiti per il diritto alla pensione di vecchiaia e a quella anticipata prevedendo per alcune specifiche categorie di lavoratori, definite più deboli, e nei limiti di predeterminate risorse, la possibilità di accedere a pensione sulla base dei previgenti requisiti, anche se perfezionati dopo il 31.12.2011.

Le categorie di lavoratori originariamente definite dal comma 14 dell’art. 24 della legge 214/2011 sono state poi ampliate dall’art. 6 della legge 14/2012.

Le situazioni soggettive da tutelare, individuate dalla normativa, sono situazioni variegate nelle quali la cessazione del lavoro deriva da fatti verificatisi anteriormente all’entrata in vigore della nuova disciplina pensionistica per le quali, quindi, ricorre un’esigenza di tutela dell’affidamento, riposto dal lavoratore, sulla normativa pensionistica vigente nel momento in cui è scaturita la prospettiva della cessazione dell’attività lavorativa.

Per l’attuazione delle norme derogatorie, il comma 15 dell’art. 24 della legge 214/2011ha poi previsto un decreto interministeriale (Ministro del lavoro di concerto con il Ministro dell’economia) con il compito di definirne le modalità  e la determinazione del numero dei soggetti interessati alla concessione del beneficio nel limite delle predeterminate risorse finanziarie.

Il decreto interministeriale 1°giugno 2012, al fine di rispettare i limiti di spesa fissati dalla disposizione di legge, ha introdotto ulteriori requisiti, non previsti dalla legge primaria, riducendo di fatto la platea degli aventi diritto.

In particolare sono stati imposti ulteriori specifici requisiti per i lavoratori in mobilità ordinaria o lunga, per gli autorizzati alla prosecuzione volontaria della contribuzione e per i lavoratori cessati sulla base di accordi di esodo entro il 31 dicembre 2011.

Il decreto interministeriale del1° giugno 2012 sembra eccedere la delega concessagli dalla legge 214/2011 e pertanto i lavoratori esclusi dalla salvaguardia a causa dell’eccesso di delega potrebbero chiedere in sede giudiziale la sua disapplicazione.

2.1 Lavoratori in mobilità ordinaria e lunga: vincolo della cessazione entro il 4.12.2011
La legge originaria, legge 214/2011, prevede che i lavoratori in mobilità ordinaria, per poter rientrare tra i potenziali beneficiari della salvaguardia, devono essere stati collocati in mobilità sulla base di accordi stipulati entro il 4.12.2011e devono perfezionare i previgenti requisiti per il pensionamento di anzianità o di vecchiaia nel periodo di fruizione dell’indennità di mobilità.

Il decreto ministeriale del 1° giugno 2012, nel prevedere che la cessazione dell’attività lavorativa deve essere intervenuta entro il 4.12.2011, esclude dai probabili beneficiari i lavoratori collocati in mobilità successivamente al 4.12.2011, ancorchè l’accordo sia stato sottoscritto anteriormente a tale data.

Il legislatore con la legge primaria ha assicurato a tali lavoratori il medesimo affidamento di quello assicurato ai lavoratori cessati entro il 4 dicembre 2011.

L’attuazione del decreto interministeriale esclude arbitrariamente, per i lavoratori collocati in mobilità sulla base di accordi stipulati anteriormente al 4 dicembre 2011 ma cessati dopo tale data, la possibilità ad andare in pensione con la disciplina vigente sino al 31 dicembre 2011.

2.2 Autorizzati alla prosecuzione volontaria: previsione delle ulteriori condizioni di decorrenza della pensione, di non ripresa dell’attività lavorativa, del contributo volontario accreditato o accreditabile prima del 6.12.2011
Per i prosecutori volontari, la legge originaria, legge 214/2011, prevede solo che la decorrenza dell’autorizzazione deve essere antecedente alla data del 4 dicembre 2011.

Il decreto ministeriale del 1° giugno 2012, per gli autorizzati alla prosecuzione volontaria prevede, invece, ulteriori pesanti vincoli:  aver almeno un contributo accreditato o accreditabile alla data del 4 dicembre 2011, non aver ripreso qualsiasi tipo di attività lavorativa successivamente all’autorizzazione ai versamenti volontari, la maturazione della decorrenza della pensione entro il 6 dicembre 2013, “in analogia” con quanto previsto per i lavoratori esodati.

Si tratta di criteri estremamente restrittivi che sono stati introdotti nel decreto solo per decimare la platea dei potenziali beneficiari.

Per quanto riguarda “la mancata ripresa di qualsiasi attività lavorativa”, secondo l’Inps la formulazione della norma lascia pochi spazi interpretativi e, pertanto, se dopo la data di decorrenza giuridica dell’autorizzazione alla prosecuzione volontaria, il soggetto ha prestato lavoro occasionale o ha percepito anche un solo vaucher, non può essere incluso tra i possibili destinatari della deroga.

Inoltre, a parere dell’Istituto, la decorrenza giuridica dell’autorizzazione alla prosecuzione volontaria nei casi di cambio di gestione o di riammissione non muta e pertanto nemmeno in tali fattispecie il soggetto può essere incluso tra i potenziali salvaguardati.

Non rientrano, quindi, tra i potenziali beneficiari nemmeno i lavoratori autorizzati alla prosecuzione volontaria anni fa e che poi, dopo la ripresa dell’attività lavorativa anche a tempo indeterminato, hanno riperso il lavoro e sono stati riammessi alla prosecuzione volontaria con la rideterminazione del contributo volontario o con cambio gestione prima del 4.12.2011.
Tale interpretazione preclude la possibilità di rientra renella salvaguardia a tutti i lavoratori che nella propria carriera lavorativa hanno chiesto l’autorizzazione volontaria ed hanno  versato la contribuzione volontaria in più riprese perchè hanno perso il lavoro e lo ritrovano in forma precaria. Noi siamo convinti che questo vincolo, come tutti gli altri, debba essere superato: si tratta di un vero e proprio incentivo al lavoro nero e di una iniqua penalizzazione per i lavoratori che hanno accettato qualsiasi tipo di lavoro pur di poter mantenere dignitosamente le proprie famiglie.

Per questa categoria di lavoratori il legislatore ha assicurato, con la legge primaria, l'affidamento di essere salvaguardati sulla base  del solo requisito dell'autorizzazione alla data del 4 dicembre 2011.

Gli ulteriori vincoli imposti dal decreto interministeriale escludono, pertanto, arbitrariamente gli autorizzati alla prosecuzione volontaria dalla possibilità di usufruire della deroga solo perché hanno prestato, successivamente alla data di autorizzazione, lavori di breve durata, precari e occasionali (lavoro a chiamata, vaucher,..) o perché non hanno un contributo accreditabile alla data del 6 dicembre 2011 o perché non hanno maturato la decorrenza della pensione  entro il 6 dicembre 2013.Ovviamente il contenzioso va intrapreso nel caso in cui le lavoratrici e i lavoratori non rientrino neanche nella salvaguardia dei 10.130, che prevede la possibilità di deroga per coloro che si sono rioccupati con contratti non a tempo indeterminato conseguendo un reddito inferiore a 7.500 euro annui.

2.3 Cessati sulla base di accordo all’esodo individuale o collettivo: ulteriore condizione di nessuna rioccupazione successiva alla cessazione
L’art. 6, comma 2 ter della legge 214/2012, ha incluso tra i potenziali salvaguardati, nei limiti delle risorse e con le medesime procedure previste dalla legge 214/2011, anche i lavoratori il cui rapporto di lavoro si sia risolto entro il 31 dicembre 2011, in ragione di accordi individuali, sottoscritti anche ai sensi degli articoli 410, 411 e 412-ter del codice di procedura civile, o in applicazione di accordi collettivi di incentivo all'esodo stipulati dalle organizzazioni comparativamente più rappresentative a livello nazionale.

Per questa categoria di lavoratori la disposizione di legge ha subordinato la concessione del beneficio alle seguenti condizioni:

la data di cessazione del rapporto di lavoro deve risultare da elementi certi e oggettivi;

possesso, da parte del lavoratore, dei requisiti anagrafici e contributivi che, in base alla previgente disciplina pensionistica, avrebbero comportato la decorrenza del trattamento pensionistico entro 24 mesi dalla data di entrata in vigore de decreto legge 201/2011.

Il decreto interministeriale del 1° giugno 2012 ha aggiunto l’ulteriore condizione, non prevista dalla legge originaria, di nessuna rioccupazione in qualsiasi altra attività lavorativa successivamente alla cessazione del rapporto di lavoro con accordo di esodo.

Il decreto interministeriale esclude, pertanto, arbitrariamente i lavoratori cessati entro il 31.12.2011 sulla base di accordi di esodo, individuale o collettivo, che hanno prestato successivamente alla data di cessazione lavori di breve durata, precari e occasionali (lavoro a chiamata, vaucher,..)

3. Questioni di costituzionalità

Premessa
La legge 214/2011 non ha previsto un regime transitorio per i lavoratori prossimi al pensionamento e non ha ricompreso tra i potenziali salvaguardati diverse categorie di lavoratori particolarmente deboli, quali ad esempio i disoccupati di lungo periodo, i licenziati con provvedimento unilaterale e senza ammortizzatori sociali, i dimissionari per giusta causa. Molti lavoratori si trovano già e tanti altri si verranno a trovare senza stipendio, senza ammortizzatori e senza pensione per diversi anni.

La Corte costituzionale con sentenza 822/1988, nell’esaminare la legittimità dell’art. 3 della legge 297/1982 nella parte in cui ha modificato i criteri di calcolo della pensione senza prevedere un periodo transitorio, ha affermato che “in materia di ordinamento pensionistico, sono costituzionalmente illegittime quelle modificazioni legislative che, intervenendo in una fase avanzata del rapporto di lavoro oppure quando sia già subentrato lo stato di quiescenza, peggiorino, senza un'inderogabile esigenza, in misura notevole ed in maniera definitiva, un trattamento pensionistico in precedenza spettante, con la conseguente irrimediabile vanificazione delle aspettative legittimamente nutrite dal lavoratore per il tempo successivo alla cessazione della propria attività lavorativa.”

Inoltre la Corte, con tale sentenza, ha affermato che “L'inderogabile esigenza giustificatrice della riduzione del trattamento pensionistico ormai prossimo a maturazione, secondo la legge precedente alla modificazione, non può concretarsi nelle ragioni che hanno determinato la riforma legislativa.”

Con il suddetto provvedimento in sostanza la Corte Costituzionale ha affermato che riformare in peggio il sistema previdenziale è possibile purché la riforma sia riferita a soggetti lontani dalla maturazione dei requisiti, ovvero anche a soggetti prossimi al pensionamento purché il peggioramento sia inderogabile, non notevole e non definitivo.

Tale principio potrebbe essere invocato in tutti quei casi in cui l’assicurato, in prossimità temporale nel conseguimento del diritto a pensione secondo il previgente ordinamento, si viene a trovare a causa dell’assenza di norme transitorie per il passaggio dal vecchio al nuovo regime senza lavoro, senza pensione e senza ammortizzatori.

La richiesta del giudizio di costituzionalità deve essere posta al Giudice del lavoro, selezionando attentamente i casi controversi e formulando precise questioni di costituzionalità.

Riteniamo che i casi da portare in giudizio debbano riguardare situazioni di soggetti che oltre ad aver perso il posto di lavoro non abbiano percepito lucrosi incentivi, non abbiano acquisito una occupazione successiva a tempo indeterminato, non abbiano cospicui redditi alternativi.

3.1 Esclusione di alcune categorie di lavoratori particolarmente deboli dai potenziali beneficiari delle norme derogatorie
L’art. 24, commi 14 e 15, della legge 214/2011, modificata dall’art. 6 della legge 14/2012 dispone per alcune specifiche categorie di lavoratori, definite deboli, e nei limiti di determinate risorse, la possibilità di pensionamento sulla base dei previgenti requisiti, anche se perfezionati dopo il 31.12.2011.

La premessa ispiratrice della norma di prevedere clausole derogatorie solo a favore delle categorie di lavoratori più deboli viene definita nel comma 14 dell’art. 24 ed in tale definizione c’è una vera lacuna degli elementi tipici ammessi a tutela.

Infatti, le categorie individuate dalla norma, che in sintesi elenchiamo, sono i lavoratori in mobilità ordinaria e lunga, i titolari di prestazione straordinaria a carico dei fondi di solidarietà di settore, gli autorizzati alla prosecuzione volontaria della contribuzione, i dipendenti pubblici in esonero dal servizio, i lavoratori in congedo straordinario per assistere figli con disabilità, i lavoratori con rapporto di lavoro risolto in ragione di accordi individuali o collettivi di incentivo all’esodo.

Non sono, invece, compresi tra i lavoratori potenziali beneficiari della deroga quelli che si trovano proprio nelle situazioni più deboli quali ad esempio i lavoratori licenziati per cessazione dell'attività dell’impresa, per fallimento, o comunque licenziati unilateralmente, i dimissionari per giusta causa, i disoccupati di lunga data che non sono riusciti a rioccuparsi.

Per effetto del repentino incremento dei requisiti senza la previsione di un periodo transitorio ed a causa dell’esclusione dalle norme derogatorie, diversi lavoratori pur trovandosi, all’entrata in vigore delle restrittive disposizioni di legge, in prossimità del pensionamento secondo il previgente ordinamento si trovano    ora nella drammatica situazione di essere senza lavoro, senza ammortizzatori e senza pensione per diversi anni (anche 6 e più).

Sotto il profilo di costituzionalità è contraddittorio il disposto dell’art. 24, c. 14 laddove nel definire le categorie più deboli da tutelare (obiettivo posto in premessa dall’art. 24, c. 1) non include tra i potenziali beneficiari della salvaguardia i soggetti particolarmente deboli come, ad esempio, i lavoratori licenziati per cessazione dell'attività dell’impresa, per fallimento, i disoccupati di lunga data che non sono riusciti a rioccuparsi, i dimissionari per giusta causa.

In tutti quei casi in cui i lavoratori si trovino in prossimità temporale nel conseguimento del diritto a pensione secondo il previgente ordinamento potrebbe essere fatto valere anche il richiamo al legittimo affidamento.

3.2 Riduzione dell’importo della pensione retributiva liquidata ad età inferiore a 62 anni a categorie di lavoratori con speranza di vita ridotta
Viene prevista una riduzione percentuale sulla quota di pensione retributiva relativa all’anzianità contributiva maturata fino al 31.12.2011 qualora il pensionamento anticipato avvenga prima del compimento dell’età di 62 anni. Tale riduzione è pari all’1%per i primi due anni mancanti al raggiungimento dei 62 anni ed elevata al 2% per gli ulteriori anni mancanti alla suddetta età calcolati alla data del pensionamento.

Secondo quanto disposto dalla successiva legge 14/2012 (art. 6, comma 2-quater) la riduzione non sarà applicata a coloro che maturano il requisito contributivo entro il 31.12.2017 qualora la contribuzione derivi esclusivamente da prestazione effettiva di lavoro, includendo i periodi di astensione obbligatoria per maternità, servizio militare, infortunio, malattia e di cassa integrazione guadagni ordinaria.

Nulla è previsto per evitare/ridurre la penalizzazione ai lavoratori precoci e ai lavoratori che hanno diritto a maggiorazioni contributive (esposti all’amianto, lavoratori invalidi, ecc.).

Un lavoratore precoce che ha iniziato a lavorare all’età di 15 anni e che nel 2011 ha 51 anni di età e 36 anni di contributi maturerà i nuovi requisiti contributivi, 42 anni e 10 mesi, nel 2018; a quella data il lavoratore avrà 58anni di età e pertanto se non vuole incorrere nella riduzione di circa il 9% (1/12 del 2% per ogni mese mancante al raggiungimento di 62 anni) della quota di pensione calcolata sull’anzianità contributiva maturata fino al 2011, dovrà continuare l’attività lavorativa per almeno altri 5 anni (dovrà lavorare 48 anni).

Ipotizziamo un caso limite: lavoratore che ha iniziato a lavorare all’età di 15 anni e che nel 2011, all’età di 49 anni, può far valere, con 5 anni di maggiorazione per esposizione all’amianto, 39 anni di anzianità contributiva (34 anni di lavoro effettivo e 5 anni di maggiorazione). Maturerà il diritto a pensione anticipata nel 2015 (42 anni e 6 mesi di contributi) all’età di 53 anni; 9 anni di anticipo rispetto ai 62: 15% di riduzione!  

Potrebbe essere posta la questione di costituzionalità dell’art. 24, c. 10, della legge 214/2011 laddove, nel prevedere una riduzione percentuale sulla quota di pensione nei casi in cui il pensionamento anticipato avvenga prima del compimento dell’età di 62 anni, non ha previsto, come parametro anagrafico di riferimento, un’età inferiore a 62 anni da applicare alle categorie di lavoratori precoci e con speranza di vita più breve rispetto alla generalità dei lavoratori.

3.3 Inclusione nel numero dei potenziali beneficiari della salvaguardia dei lavoratori collocati in mobilità lunga sulla base di precedenti norme derogatorie
La mobilità lunga ha una durata superiore rispetto a quella ordinaria in quanto deve accompagnare il lavoratore -che deve necessariamente trovarsi alla data di collocazione in mobilità in possesso di determinati requisiti anagrafici e/o contributivi -fino alla data di maturazione del diritto al pensionamento.

Le disposizioni di legge che la prevedono (da ultimo l’art. 1, comma 1189 della legge 296/2006, in precedenza l’art.1 bis della legge 81/2003 e ancora prima l’art. 1 septies della legge 176/1998) hanno stabilito il limite numerico complessivo dei lavoratori e la tipologia delle imprese interessate dagli interventi.

In particolare tali norme hanno disposto i requisiti da applicare, ai fini del conseguimento del diritto al trattamento pensionistico, ai lavoratori ammessi alla mobilità lunga. Tali lavoratori possono continuare ad andare in pensione di anzianità ai sensi dell’art. 59, c. 6, 7, lettere a) e b), e 8 della legge 449/1997 e successive modificazioni (in genere 57 anni di età e 35 anni di contributi).

L’art. 1, comma 1189 della legge n. 296, inoltre, ha autorizzato, per l'attuazione della disposizione, la spesa di 2 milioni di euro per l'anno 2007, di 59 milioni di euro per l'anno 2008 e di 140 milioni di euro a decorrere dall'anno 2009.

In sostanza i lavoratori collocati in mobilità lunga, ai fini della maturazione dei requisiti per il diritto a pensione, si trovavano già in regime di salvaguardia e, pertanto, non dovevano essere inclusi nel limite numerico dei potenziali beneficiari della salvaguardia di cui alla legge 214/2011.

Riteniamo, quindi, sia possibile proporre il contenzioso con le motivazioni sopra riportate nel caso in cui un potenziale beneficiario, appartenente a qualsiasi altra categoria di lavoratori prevista dalla salvaguardia della legge 214/2011, si trovi escluso dal beneficio della deroga per incapienza numerica.

Secondo le previsioni dell’Inps non ci dovrebbero essere lavoratori esclusi per incapienza, ma il numero dei beneficiari della salvaguardia è stato rispettato con la previsione illegittima, operata dal decreto interministeriale del 1° giugno 2012, di ulteriori requisiti e condizioni.

Pertanto nella proposizione del contenzioso per i soggetti esclusi dalla salvaguardia a causa delle ulteriori condizioni poste dal decreto interministeriale (in particolare per la categoria dei lavoratori cessati sulla base di accordi di esodo e per quella dei prosecutori volontari) si potrebbe sostenere, ad esempio, che è del tutto immotivata ed illegittima l’introduzione dell’ulteriore condizione di nessuna rioccupazione successiva alla cessazione dell’attività lavorativa o all’autorizzazione alla prosecuzione volontaria.

3.4 Adeguamento dei requisiti per il diritto a pensione per i soggetti collocati in mobilità o cessati sulla base di accordi di mobilità o all’esodo individuale o collettivo antecedentemente all’entrata in vigore della legge che ha introdotto l’adeguamento dei requisiti in relazione all’incremento della speranza di vita
L’adeguamento dei requisiti per il diritto a pensione in relazione all’incremento dell’aspettativa di vita va applicato ai requisiti di età, per la pensione di vecchiaia, ed ai valori di somma di età anagrafica e di anzianità contributiva, per la pensione di anzianità con la quota. Tale adeguamento potrebbe comportare l’esclusione dalla salvaguardia per diversi lavoratori.

Per i lavoratori collocati in mobilità ordinaria la problematica è stata superata con nota prot. n. 29/0006109/L del 29 novembre 2012 con la quale il Ministero del lavoro ha ritenuto che “si può far leva sull’incremento temporale in deroga della mobilità al fine di perfezionare i requisiti pensionistici nell’ambito del periodo complessivo di mobilità con onere a carico del Fondo per l’occupazione e la formazione”.

In sostanza alle lavoratrici ed ai lavoratori in mobilità ordinaria che non riescono a maturare il diritto a pensione nel periodo di fruizione dell’indennità di mobilità, a causa dell’adeguamento dei requisiti all'aspettativa di vita (per diritto alla pensione di vecchiaia o di anzianità con la quota), la mobilità verrà incrementata temporalmente fino a perfezionare i requisiti pensionistici vigenti prima del decreto legge 201/2011.

L’Inps, con circolare n. 76 del 8 maggio 2013 fa presente di aver richiesto, con nota del 10 aprile 2013, ai competenti uffici ministeriali la copertura dell’impegno di spesa necessario per il trattamento di mobilità in deroga e che per i lavoratori interessati è in corso l’invio della comunicazione/certificazione del diritto di accesso alla pensione in regime di salvaguardia.

Con la suddetta circolare l’Inps specifica che tale “deroga” agisce anche per le lavoratrici in mobilità ordinaria che accedono alla pensione di vecchiaia e che a causa dell’innalzamento del requisito anagrafico disposto dalla legge 111/2011 non perfezionano i requisiti pensionistici nel periodo di fruizione dell’indennità di mobilità.

L’Inps aveva già anticipato con messaggio n. 13343 del 9 agosto 2012 che, in esito ad approfondimenti ministeriali, era stato stabilito che, con specifici interventi, i lavoratori in mobilità ordinaria, cessati entro il 31 dicembre 2011 e che per effetto dell’adeguamento agli incrementi della speranza di vita non perfezionavano i requisiti nel periodo di fruizione dell’indennità di mobilità, sarebbero rientrati nella salvaguardia.

La problematica resta ancora aperta per tutte le altre categorie di lavoratori. Ci riferiamo in particolare ai lavoratori cessati sulla base di accordi individuali o collettivi all’esodo ed ai prosecutori volontari che, a causa dell’adeguamento dei requisiti per il diritto a pensione in relazione all’incremento dell’aspettativa di vita, non perfezionano la decorrenza della pensione entro 24 mesi dalla data di entrata in vigore del decreto legge 201/2011, restando pertanto esclusi dalla salvaguardia.

Per questi lavoratori, in particolar modo per quelli cessati prima dell’entrata in vigore della legge n. 111/2011, che ha anticipato la decorrenza del primo adeguamento dei requisiti al 1° gennaio 2013 (la legge 122/2010 lo aveva previsto dal 1° gennaio 2015), riteniamo che possa essere posta la questione di costituzionalità.

3.5 Mancata previsione di un innalzamento graduale dei requisiti anagrafici e contributivi per la pensione di vecchiaia e di anzianità per le lavoratrici ed i lavoratori prossimi a pensione
Il requisito contributivo minimo per acquisire il diritto alla pensione di vecchiaia è per tutti di almeno 20 anni; l’età minima richiesta, nel 2012, è di almeno 66 anni per tutti gli uomini e per le donne iscritte all’INPDAP, di almeno 62 anni per le lavoratrici dipendenti iscritte all’Inps e di almeno 63 anni e 6 mesi per le lavoratrici autonome e per quelle iscritte alla gestione separata INPS.

L’età pensionabile delle lavoratrici dipendenti e autonome si incrementa fino a raggiungere 66 anni, stessa età degli uomini e delle donne iscritte all’INPDAP, a decorrere dal 1° gennaio 2018; viene, inoltre confermato il meccanismo di adeguamento dell’età di pensionamento in relazione all’incremento della speranza di vita introdotto dalla legge 122/2010.

La lavoratrice dipendente del settore privato nata il 31.12.1951 matura l’età pensionabile a 60 anni, la nata il 1.1.1952 (il giorno dopo) la matura a 63 anni e 9 mesi, quella nata il 1.4.1952 compie l’età pensionabile a 65 anni e 9 mesi e le nate da giugno 1952 in poi maturano il diritto a pensione a 66 anni e 11 mesi (la differenza di età pensionabile tra la nata a dicembre 1951 e quella nata a giugno 1952 è di ben 6 anni e 11 mesi).

Per le lavoratrici autonome lo scalone è di ben 6 anni e 7 mesi (la lavoratrice nata a dicembre 1951 matura l’età pensionabile a 60 anni, quella nata a gennaio 1952 la matura a 66 anni e 7 mesi).

Per maturare il diritto alla pensione anticipata è richiesto il requisito contributivo di almeno 42 anni ed 1 mese per gli uomini e di almeno 41 anni e 1 mese per le donne, indipendentemente dall’età anagrafica. Tali requisiti vengono aumentati di 2 mesi nel periodo 2013/2014 (1 mese l’anno) e vengono inoltre assoggettati agli adeguamenti alla speranza di vita.

Con la sostituzione della pensione di anzianità con la pensione anticipata vengono di fatto abolite le pensioni di anzianità con le “quote”, che rimangono esclusivamente per i lavoratori che svolgono attività usuranti e per quelli derogati dai nuovi requisiti.

Il risultato: un lavoratore dipendente nato nel 1952 che avrebbe maturato i requisiti della pensione di anzianità con la quota nel 2012(60 anni di età e 36 anni di contributi),  in base alla vecchia normativa avrebbe conseguito la pensione nel 2013 (finestra di 12 mesi); con le nuove disposizioni il lavoratore potrà accedere alla pensione anticipata non prima del 2018 (5 anni dopo) con almeno 42 anni e 10 mesi di contribuzione.

È evidente che le modifiche apportate incidono in modo repentino e non graduale sull’innalzamento dei requisiti per il diritto a pensione.

In tutti casi in cui gli assicurati, in prossimità temporale nel conseguimento del diritto a pensione secondo il previgente ordinamento, si vengono a trovare, a causa dell’assenza di norme transitorie per il passaggio dal vecchio al nuovo regime, senza lavoro senza pensione e senza ammortizzatori per un lungo periodo potrebbe essere richiesto il giudizio di costituzionalità della norma.
 

6 commenti:

  1. Un lavoratore nato fine novembre 1053 che poteva andare in pensione di vecchiaia nel 2013 va in pensione nel 2020!!! 7 anni dopo

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  2. Dio mio è mai possibile che una Ministra neanche eletta con il voto ha potuto fare in un breve apparire tutto questo bordello? e va bene che servivano denari ma doveva "ciucciarli" tutti alle pensioni? ma dico e chi cavolo vuole andare più a lavorare per 1.000 € al mese sapendo di potere mollare a 70 anni. Cosa succede viene eletto un operaio inc...to e fatto ministro dell'economia decide che non si puo' avere singolarmente , non so, più di 1.000.000 € di patrimonio .... per legge bisognerebbe abbozzare? La tipa non si è resa conto della strada che ha aperto? anche per quelli dell'altra parte?

    RispondiElimina
  3. Intanto sono passati 20 mesi, e di salvaguardati se ne vedono un pò pochi.Sta passando tutto nel dimenticatoio.Il ministro ha detto che se ne parla a settembre.Con il governo sempre in bilico nonostante le rassicurazioni(a parole)dei partiti,le risorse che per quanto riguarda noi non ci sono mai.Sinceramente la vedo proprio brutta.
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    1. A noi fanno vedere la crisi piu' nera, ma e' tutta un'apparenza....... solo per spillarci ancora piu' soldi e per farci credere che non ce ne sono per poterli dirottare in altri impegni di primordiale importanza.........

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    2. Ma passeremo nel dimenticatoio solo perche' i sindacati non organizzano nulla , sono indaffarati nelle porcate, dicono per televisione quelle quattro cavolate solo per far notare a noi che ci " pensano" e che siamo sempre nei loro " pensieri" ! ! ! ! ! !

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  4. La crisi e' solo per il popolo .......

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