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lunedì 1 luglio 2013

Pensioni e flessibilità lavoro: le revisioni estive alla legge Fornero

Esodati, pensioni e flessibilità lavoro: le revisioni estive alla legge Fornero
Pubblicato il 1 luglio 2013
di Redazione Blitz
ROMA - Esodati, pensioni d’oro e non, flessibilità in uscita e “staffetta generazionale“. Passata l’estate per la riforma del mercato del lavoro prevista dalla legge Fornero molte cose verranno cambiate. Enrico Giovannini, ministro del Lavoro, aveva già spiegato nei giorni scorsi che a partire da settembre saranno poste al vaglio del Parlamento le modifiche alla legge sulle pensioni. Carlo Dell’Aringa, sottosegretario al Lavoro, però avvisa: “Attenzione a non perdere di vista i conti”.
Insomma le modifiche vanno fatte, ma avranno un costo che non sarà facile da ammortizzare per il governo guidato da Enrico Letta, spiega Dell’Aringa:
“Dobbiamo affrontare innanzitutto il tema degli esodati, poi di quelli che hanno perso il lavoro o lo potrebbero perdere e non possono ancora essere pensionati: per loro si potrebbe pensare anche a una flessibilità verso la pensione”.
Cesare Damiano, presidente della commissione Lavoro della Camera ed esponente del Pd, ha ricordato che esistono già proposte di modifiche alla legge Fornero, di cui una firmata dallo stesso Damiano insieme a Pier Paolo Baretta, sottosefretario all’economia. La loro proposta è di consentire a chi ha 62 anni di età e 35 anni di contributi versati di andare in pensione con una penalizzazione solo dell’8%, spiega Damiano al Corriere della Sera:
“Si tratta di una soluzione che recupera un principio di gradualità disatteso dalla riforma Fornero, che ha innalzato bruscamente l’età pensionabile fino a 67 anni. Inoltre, la proposta del Pd prevede per chi ha maturato 41 anni di contributi di andare in pensione indipendentemente dall’età anagrafica e senza penalizzazioni», per Damiano un «riconoscimento» ai lavoratori «precoci, che hanno cioè cominciato a lavorare in giovane età svolgendo prevalentemente, per tutta la vita lavorativa, attività manuali ripetitive o faticose”.
Una visione che il sottosegretario Dell’Aringa però non condivide:
“La proposta Damiano la considero un’extrema ratio, perché anticipare la pensione comporta dai costi. È vero che si avrebbe come compensazione la garanzia di un maggior ricambio generazionale, ma dovrebbe trattarsi sempre di un’uscita su base volontaria. E comunque dipende dal tipo di penalizzazione: per garantire l’equivalenza di esborsi per il sistema previdenziale, bisognerebbe magari proporre a lavoratore di prendere per tutta la vita 1.000 euro anziché 1.500. Non è facile”.
Piuttosto che puntare alla flessibilità, tasto dolente per il lavoro, Dell’Aringa chiede attenzioni per le fasce deboli, tra i quali gli esodati:
“Innanzitutto, come ha detto il presidente del Consiglio, Enrico Letta, c’è da affrontare il tema degli esodati; sono 140 mila e devono andare in pensione con le vecchie regole. E bisogna vedere se ci saranno altri gruppi di possibili esodati. Poi bisogna pensare a tutti coloro che magari hanno perso – o potrebbero perdere a causa della crisi – il lavoro dopo la riforma Fornero e che dunque lontani dalla pensione. Per tutti costoro vanno pensate politiche di invecchiamento attivo, con incentivi alle imprese perché possano trattenerli. Non escludiamo neanche la “staffetta generazionale”. E gli incentivi alla riassunzione degli «over 50», inseriti nell’attuale decreto sull’occupazione, si possono intensificare”.
Poi vi sono mobilità, cassa in deroga e sussidi di disoccupazione, che andrebbero rafforzati e prolungati nei casi più difficili da risolvere, spiega dell’Aringa al Corriere della Sera:
“Se non bastasse, si potrebbe pensare alla possibilità di anticipare la pensione per questi soggetti, facendo un’eccezione alla riforma Fornero. Ma questo significa occupare risorse consistenti”.
Ma il tema più difficile da affrontare rimane quello dei costi e dei fondi decisamente limitati, motivo per cui Dell’Aringa non investirebbe tutto su pensioni ridotte volontariamente e staffetta generazionale, ma è più orientato su altre potenziali soluzioni:
“Personalmente penso a un sistema di ammortizzatori sociali accompagnato da sistemi di attivazione, di ricollocazione del lavoratore. Nel decreto questo c’è: chi ha l’Aspi (il sussidio di disoccupazione, ndr ) può portare in dote metà dell’indennità all’azienda come incentivo per riassumerlo. È un meccanismo che rientra nelle politiche di pagamento del lavoro, e non della inattività”.
(Leggi)

2 commenti:

  1. Non caspiscono che le aziende non assumo, licenziano e chiudono battenti , perche non hanno commesse di lavoro!!!! che se ne fanno dei dipendenti se non hanno niente da fargli fare ???

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  2. Questa e' tutta gente che non ha lavorato.... ma come possono capire i nostri problemi? ? ?

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