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mercoledì 11 settembre 2013

Tra Imu, Iva ed esodati, 15 miliardi mettono in crisi il cuneo fiscale

I NUMERI/ Tra Imu, Iva ed esodati, 15 miliardi mettono in crisi il cuneo fiscale
Pubblicazione:
Giuliano Cazzola
Tra i “compiti a casa” che sono stati attribuiti a Enrico Letta, alla riunione del G20 di San Pietroburgo, c’è anche l’impegno a ridurre le tasse sulla impresa e il lavoro. Così, il giovane premier, di ritorno dalla Russia, si è precipitato a Cernobbio al meeting dello Studio Ambrosetti (che non è più quello di un tempo visto che ospita persino Gianroberto Casaleggio); lì il presidente ha ribadito che il suo governo non intende accettare veti (da parte di chi, poi?), non vuole galleggiare e conferma, come priorità, l’obiettivo di ridurre il cuneo fiscale e contributivo. E per farlo avvierà un confronto con le parti sociali sulla base del documento congiunto del 2 settembre (illustrato, addirittura la sera stessa, dal presidente Giorgio Squinzi a Genova, alla Festa del Pd).
Su questo protocollo (ormai le parti sociali li producono in serie come i romanzi gialli di Andrea Camilleri) si è svolto, a Cernobbio, un siparietto tra il premier e Fabrizio Saccomanni, superministro dell’Economia. Quest’ultimo ha sostenuto che il documento congiunto è “costoso e poco realistico”, ma Letta lo ha corretto ri-salutando “positivamente l’accordo di Genova” come “un fatto importante e positivo che le parti sociali lavorino contro le tensioni e per la pace sociale” tanto che l’esecutivo lavorerà in quella direzione. Che il problema non del costo del lavoro, ma del “cuneo” esista in Italia e che sia un ostacolo allo sviluppo dell’occupazione regolare è assolutamente vero. Secondo l’Ocse, l’Italia è al secondo posto nei paesi più industrializzati aderenti, subito dopo la Francia. Fatta uguale a 100 la retribuzione media lorda quella netta è pari a 69,2, il costo del lavoro a 132,1. La differenza è, più o meno, a carico per metà sul lavoratore e sull’impresa (rispettivamente 30,8 e 32,1).
Ma chi ha ragione: Letta o il suo ministro? Il documento del 2 settembre gira al largo da questi problemi, forse considerati troppo “ragionieristici” dalle parti sociali. Dei conti, un po’ all’ingrosso, li ha fatti il capo gruppo del Pdl alla Camera Renato Brunetta arrivando a quantificare un onere annuo compreso tra i 50 e i 60 miliardi, così ripartiti: riduzione del cuneo fiscale 15 miliardi; aumento detrazioni lavoro dipendente e pensioni 10-15 miliardi; detassazione per le misure di produttività 3-5 miliardi; riduzione Irap 5 miliardi; credito d’imposta per ricerca e sviluppo 1-2 miliardi; Ace (lo strumento per incentivare il reinvestimento degli utili aziendali e la patrimonializzazione delle imprese) 2-3 miliardi di perdita di getto; fondo di garanzia per accesso al credito delle imprese 2-3 miliardi; misure di rilancio della green economy 2 miliardi. 
Esaminiamo con maggiore cura come si arriva a 15 miliardi (che poi è solo una parte del tutto), secondo Renato Brunetta. Il cuneo fiscale del fattore lavoro ammontava nel 2012 a 386 miliardi di euro di cui 166 miliardi dal gettito Ire e 220 miliardi dai contributi sociali. La componente tassazione sulle imprese ammontava invece a 71 miliardi di cui 37 dal gettito Ires e 34 miliardi dal gettito Irap. In totale 457 miliardi. Pertanto un taglio del cuneo fiscale dell’1% comporterebbe la perdita di gettito d’attesa - calcola Brunetta - di 3,9 miliardi, che salirebbero a 7,7 miliardi nel caso di un taglio del 2% e a 19,3 miliardi nel caso di un intervento del 5%.
Il governo Prodi, nel 2006, attuò un taglio del cuneo fiscale nella misura di 5 miliardi senza che le imprese - pur in una condizione economica migliore dell’attuale - ne avessero un particolare vantaggio. Per mandare un segnale forte occorrerebbe un taglio di almeno un punto di Pil ovvero di una quindicina di miliardi. Un ammontare che si aggiungerebbe agli altri impegni assunti dal governo: Imu, Iva, esodati, Cig in deroga. Insomma, il giocoliere stenta a tenere perennemente in volo le solite quattro palle. Aggiungendone un’altra potrebbe succedere il patatrac. 
(Leggi)

5 commenti:

  1. Guarda chi si rivede,Cazz...ola che ha affermato in tv che gli esodati sono un invenzione mediatica. Ci ricorderemo in cabina elettorale della gravita' delle sue dichiarazione.

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    1. Altro che patatrac .
      I danni procurati dal ex governo monti/fornero
      con la collaborazione determinante
      della consulenza diretta di ichino /cazzola
      hanno ottenuto l'effetto di una bomba atomica
      lanciata a tradimento,di cui tutta l'Italia
      sta ancora oggi pagandone le conseguenze
      istituzionale/economico/sociale.
      Stia zitto e sparisca , svergognato .

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  2. ......ma chi l'ha vota a cazz......ola? Non mi risulta essere uscito, nelle ultime elezioni!

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  3. Ragazzi...si fa per dire ,ormai siamo sessantenni ,comunque se non si rispolverano i forconi questi novelli azzeccagarbugli come Ichino ,che si stracciava le vesti per gli accordi territoriali dicendo che la 223/91 dilazionava le uscite anche negli anni successivi agli accordi per cui i 65.000 andavano ampliati e che si è accontentato di accettare solo quelli "in sede governativa"nei 55.000 per favorire la Fiat e Telecom,come Ichino,dicevo ,e Cazzola continueranno a prenderci per il culo ,come se non fossero stati al parlamento insieme ad una classe dirigente fatta da ladri ,incompetenti ,corrotti che non solo si sono rubati il nostro passato( i contributi versati a piene mani )ed il presente( la nostra pensione ) ma anche il futuro dei nostri ragazzi.Alla Bastiglia ,dunque, e non più con gli striscioni ma con i forconi !
    Domenico Mainolfi

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  4. Non facciamoci recludere nella Bastiglia. Dobbiamo fare prossima "rivoluzione" non da detenuti.

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