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martedì 10 febbraio 2015

Effetti perversi

Gli effetti perversi di requisiti sempre più rigidi e di mondo del lavoro che espelle anzitempo

Esodati, i forzati del riposo anticipato rischiano un taglio del venti per cento
Smettere di versare all’Inps troppo presto adesso provoca un doppio danno: con i nuovi limiti di età si resta senza redditi più lungo e la copertura si accorcia
di Roberto E. Bagnoli
Rappresentano una nuova categoria sociale, nata con il deciso allungamento della vita lavorativa disposto dalla riforma Monti-Fornero del 2011. E per loro è stato addirittura coniato un nuovo vocabolo. Sono gli esodati, lavoratori espulsi dal mondo del lavoro prima di aver maturato il diritto a una pensione sempre più lontana nel tempo.
Le conseguenze del fenomeno sono pesantissime: per un trentenne di oggi (che già dovrà mettere in conto un vitalizio molto ridotto), interrompere forzatamente il lavoro a cinquant’anni significherà avere un tasso di copertura della pensione rispetto all’ultima retribuzione più basso anche di venti punti percentuali, rispetto a quello che otterrebbe arrivando regolarmente al traguardo. Le elaborazioni realizzate in esclusiva per CorrierEconomia da Progetica, società di consulenza in pianificazione finanziaria e previdenziale mostrano anche questo fenomeno del pianeta pensioni.
Gli esempi
«Le elaborazioni sono dedicate ai possibili esodati - spiega Andrea Carbone, partner di Progetica - cioè a lavoratori, in particolare dipendenti, che interrompono l’attività prima del pensionamento; negli esempi si è ipotizzato che lo stop avvenga a cinquanta, cinquantacinque o sessant’anni, anziché alla scadenza normale di sessantotto. Oltre che per il periodo in cui non si lavora e non si riceve la pensione, l’impatto è pesante anche sull’importo del vitalizio, che in molti casi scende sotto la quota del 50%».
Così, per esempio, per un dipendente trentenne che dovrebbe staccare con un rapporto del 51% fra pensione e ultima retribuzione, la copertura precipita al 32% se smette di lavorare a cinquant’anni, al 38% e 45% rispettivamente se, invece, interrompe a cinquantacinque o sessant’anni. Per un cinquantenne, il tasso di sostituzione (rapporto tra rendita e ultima retribuzione) è del 59% senza interruzioni: diventa meno della metà (il 24%) se stacca subito, il 43% e 51%, rispettivamente, se interrompe a cinquantacinque o sessant’anni. Per un autonomo la coperta è ancora più corta: dal 43% senza interruzione dell’attività, scenderebbe rispettivamente al 28%, 32% e 38%.
Nel caso di un cinquantenne che lavora in proprio, il rapporto fra pensione e ultima retribuzione passa dal 45% con un lavoro continuativo sino alla pensione al 17%, 30% e 38% per chi invece interrompe a cinquanta, cinquantacinque e sessant’anni.
Gestione separata
Infine gli ultimi casi, relativi a lavoratori iscritti alla gestione separata: per questa categoria, a parità di reddito netto mensile sono più elevati il lordo su cui si calcola l’aliquota contributiva Inps (pari al 30,72%, interamente a carico del lavoratore) e il rapporto fra pensione e ultima retribuzione.
Così, per esempio, a fronte del netto mensile ipotizzato negli esempi, pari a mille euro, il lordo si attesta a 20.822, contro i 16.695 euro di un dipendente. Per un co.co.pro trentenne il rapporto fra pensione e ultima retribuzione è pari al 54% con continuità di lavoro; scende però al 33% con due buchi contributivi e interruzione a cinquant’anni, al 38% e 46% se invece s’interrompe, rispettivamente a cinquantacinque e sessanta.
I numeri
Nelle simulazioni realizzate da Progetica sul tema degli esodati sono stati ipotizzati età d’inizio lavoro a trent’anni e di pensionamento a sessantotto, un reddito netto mensile di mille euro per il trentenne, duemila per il quarantenne e tremila per il cinquantenne, un buco contributivo per dipendenti e autonomi e due per i lavoratori in gestione separata, caratterizzati generalmente da una vita lavorativa più discontinua. Tutti i valori sono al netto delle tasse ed espressi in termini reali, cioè al netto dell’inflazione. Secondo una stima fornita nei mesi scorsi dal governo, malgrado i sei interventi di salvaguardia varati dopo la riforma Monti-Fornero rimangono ancora da tutelare quasi 50 mila esodati. La legge di Stabilità per il 2015 non ha previsto alcun provvedimento a favore di questa categoria di lavoratori.

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