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domenica 20 settembre 2015

No a riforme strutturali, sì ad aggiustamenti

La questione degli esodati. No a riforme strutturali, sì ad aggiustamenti                        
Salernonotizie.it
(di Angelo Giubileo)                    
La legge n. 214/2011, meglio nota come legge-Fornero sulle pensioni, oltre ad essere servita al nostro paese per far fronte ai problemi di deficit di bilancio, non solo correnti, è innanzitutto servita a garantire e tutelare l’equilibrio presente e futuro dell’attuale sistema pensionistico. Si tratta di due esigenze fondamentali di sistema, che nel presente restano imprescindibili, e che nulla hanno invece a che fare con la questione dei cosiddetti “esodati”, della quale si sente spesso fare un uso improprio e indiscriminato.
In breve, la legge-Fornero ha realizzato e prodotto l’effetto di posticipare il pensionamento di circa sei anni per quei lavoratori che, a decorrere dal gennaio 2012, avrebbero avuto accesso al diritto a pensione ma con le regole precedenti all’entrata in vigore della legge medesima. Tale manovra ha consentito allo Stato di risparmiare ingenti risorse di spesa pensionistica e previdenziale; ma nel contempo ha “tradito” le “attese”, della stessa natura, di particolari categorie di lavoratori, i quali avrebbero maturato “i requisiti per l’accesso al pensionamento successivamente al 31 dicembre 2011” (art. 24, comma 14).
Nei confronti dei lavoratori appartenenti a tali categorie, e dunque solo nei confronti di costoro, il medesimo comma della legge stabilisce, in deroga, l’applicazione dei vecchi requisiti, ma solo e soltanto “nei limiti delle risorse stabilite ai sensi del comma 15 e sulla base della procedura ivi disciplinata”. E dunque, le categorie sono state esattamente specificate dalla legge; viceversa, è di tutta evidenza che non poteva essere così per il numero dei lavoratori che eventualmente ne avrebbero potuto beneficiare.
E quindi, non è affatto vero che la legge-Fornero non avesse tenuto conto degli “esodati”; viceversa, ne aveva tenuto conto, ne aveva approntato la relativa “salvaguardia”, ma non poteva essere in grado di stabilirne con esattezza il numero.
Numero che, peraltro, annualmente, viene rivisto. E questo, se per un verso si può capire, per altro appare almeno strano. Perché significherebbe che, anche a distanza di tre anni circa, il governo – alla fine dei procedimenti di accertamento in corso e di cui al comma 15 dell’art. 24 medesimo – non sarebbe ancora in grado di farne una stima precisa, prima dei dati di categoria e quindi del dato complessivo, entrambi risalenti al 31.12.2011. E invece, le cose non stanno proprio così.
Infatti, dopo la legge di Stabilità 2014, in ultimo, anche la legge n. 147/2014 ha rivisto le stime complessive concernenti il numero originario degli esodati, risultati in definitiva e nel complesso 37.500 e non 61.500 soggetti, come viceversa stimati in ordine per l’appunto alla previsione dell’art. 24, comma 14, medesimo. Questo significherebbe quindi una corrispondente riduzione delle risorse già stanziate e quindi impegnate a copertura del presunto fabbisogno. E inoltre, altro particolare importante, la stima dell’impegno, effettuata in ordine ad un periodo di spesa di otto anni a far data dal primo pagamento degli oneri (trattamenti di pensione) relativi, andrebbe rivista in ordine ad un periodo esattamente corrispondente.
E dunque, potrebbe ancora sembrare che le cose stiano esattamente così. Ma, ancora una volta non è così, e non soltanto perché il conto finanziario non sia poi così agevole. Infatti, la causa principale dipende dal fatto che la previsione originaria di deroga è stata ampliata a beneficio di altri soggetti, mediante due disposizioni di legge: la legge di Stabilità 2014, la n. 147/2013, per un numero di altri 23.000 soggetti beneficiari, e la legge citata n. 147 del 10 ottobre 2014, per un numero di altri 32.100 soggetti beneficiari, per un totale di 55.100 soggetti che si aggiungono ai 37.500 di cui si è altresì detto. Naturalmente, in base al nuovi numeri di beneficiari ammessi, cambiano gli impegni di spesa da registrare, per un periodo che, nell’ambito di ogni previsione legislativa di riferimento, è e deve essere pari ad otto anni.
Ciò detto, si spiegano meglio le dichiarazioni rese ieri in Parlamento dal ministro dell’Economia, Padoan, in ordine all’impegno del governo sia di far fronte ad un nuovo numero di lavoratori “salvaguardati”, sia, si spera, di fare anche in modo che “il trascinamento di risorse da un anno all’altro non corrisponda a una deroga non espressamente prevista” da una norma ad hoc. E infine, si spiega meglio anche il fatto che non esiste ancora certezza dei risparmi di spesa pensionistica per gli anni 2012-2013 “perché non è ancora conclusa la procedura di certificazione delle salvaguardie precedenti”. (17/09/2015)
Angelo Giubileo
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